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domenica 4 maggio 2014

Joyful moments in Val d'Itria

La Puglia è senza dubbio il paradiso dei ciclisti: grande abbondanza di pianure e altipiani; una viabilità secondaria sviluppata, agevole e priva di traffico; il trasporto della bici sui treni regionali è pure gratuito.

La Val d’Itria in particolare è percorribile in tutta tranquillità attraverso mulattiere e stradine di servizio che collegano le masserie, intersecando le campagne sterminate dove la terra rossa sboccia come una ferita aperta tra le esangui slabbrature puntinate di licheni dei muretti a secco.

In questo territorio, solo all’apparenza piatto e uniforme, si sviluppa un immaginario complesso e singolare riguardo all’ambiente, a cui danno voce i nomi delle località e i termini geologici creati ad hoc per definire le particolarità morfologiche delle murge: si parla di gravine, lame, puli e pulicchi.

Nei toponimi, nelle denominazioni geologiche, nelle campagne sconfinate c’è ovunque una protagonista fondamentale che domina ma non si vede, una grande assente la cui presenza vitale, intrinseca, sotterranea, disegna in superficie una ragnatela di sintomi, segni, ricordi, in un’implicita, soffusa, implorante invocazione che sale dalla roccia che si sgretola, dai tronchi rugosi degli ulivi secolari, dal rantolo delle cicale, dalla nostra stessa bocca impastata e riarsa perfino in questa stagione: acqua! L’acqua fa un percorso assurdo per arrivare fino a qui, incanalata dalle selve della Basilicata nell’acquedotto più lungo al mondo per irrigare questa manciata di terra intensivamente sfruttata spolverata su una lastra di roccia carsica.

giovedì 10 aprile 2014

Nella terra del vento: la Puglia e Ciclomurgia

Quand’è che siamo approdati su questo bastimento carico d’anfore d’olio dorato e di vino rubino chiamato Puglia? Un vascello sventagliante dal profilo affilato, che le braccia nerborute dei suoi rematori sbuffanti si sforzano di strappare dall’ancora incagliata tra le crespe gravine dell’entroterra, puntando cocciuti a est. Dall’oriente arriva già l’odore speziato dei mercati chiassosi, dei pomodori essiccati a grappoli sulle terrazze ventose, delle bocche di creta dei forni che sprigionano densi aliti di mandorle tostate e semi di finocchio. D’oriente sa il candore abbacinante dei lastricati e degli intonaci, delle lenzuola gonfie di libeccio che trasformano casupole anguste e arroccate in saettanti velieri di tesori e pirati, dei lustri vicoli fitti di ballatoi e scalinate, tessuti della stessa trama ingegnosamente intricata dei ricami che fluttuano sugli usci aperti.

E nei volti, negli sguardi, nelle voci della gente di Puglia tutta la meraviglia dell’anima meticcia dei popoli di mare, con le loro mani svelte, le loro menti fervide e i loro occhi pieni d’azzurro. Provenendo dalle contrade corrugate e selvagge della Basilicata, il cambio è netto: ci si ritrova d’un tratto in un affollato crocevia di incontri e scambi, che mostra tutti i segni dei secolari mercanteggiamenti di cui è stato teatro, tutti i trofei e le cicatrici di una terra sfruttata fino al midollo, che l’amore sviscerato dei suoi abitanti non si arrende a far franare, avvelenare, abbandonare, come è successo altrove. Qui si respira un’aria diversa, un’atmosfera rarefatta, resa effervescente e intraprendente dal passaggio di mille venti, pellegrini, avventurieri, mercanti. Qui avviene ogni giorno un incontro fatale, siamo ospiti ogni notte di un nuovo amico, ogni persona che incrociamo è impaziente di conoscere la nostra storia e di raccontarci la sua, di cogliere le affinità di intenti, radici, ideali che ci uniscono e ci rendono indispensabili gli uni agli altri, indigeni e viaggiatori, legati indistricabilmente in una vorticosa girandola di destini. 

mercoledì 26 marzo 2014

Le buone pratiche alla Fattoria Mardero

Come la pioggia lucidava marmi e sanpietrini per il nostro ingresso trionfale a Roma, ora che ci lasciamo la città alle spalle il sole lustra di luce e tepore il lastricato levigato della sua più antica e più bella strada consolare, la via Appia.

L’eurovelo7 ci regala di nuovo scorci memorabili del nostro bel paese. 

lunedì 3 marzo 2014

La civiltà etrusca, il fiume Fiora e l'idroelettrico

Eppure ci avevano avvertito, sia Giovanni, uno dei custodi dell’oasi di Burano, sia il pastore incontrato lungo la strada: «Con tutta la pioggia dei giorni scorsi, non so la strada in che condizioni sarà…»

Ma cosa non si fa pur di evitare l’Aurelia! Così, salutata la laguna ridente di sole e di vento, ci siamo messi in sella in direzione di Vulci, attraverso la scorciatoia detta “Del Corridore”, che si snoda nella campagna rigogliosa dell’Etruria di prati arati, pascoli verdeggianti e tappeti sconfinati di favino e camomilla.

Il percorso è una goduriosa strada bianca che scorre amena e deserta tra poggi e fossi sfavillanti nell’aria profumata già di maggio, ma nei tratti sterrati il nostro tandem rivela tutti i limiti del modello da corsa: la densa argilla di questa terra grassa e florida si compatta in spesse zolle pesanti e appiccicose sotto le suole, le ruote, i freni, i parafanghi, insomma su tutte le superfici dove riesce ad aggrapparsi, rendendo la marcia praticamente impossibile. Man mano che ci impantaniamo sempre di più, ci risuona nelle orecchie l’ammonimento profetico lanciato dal pastore: «Di sicuro vi sporcate le scarpe». In effetti, ci vuole un’ora di idrante per pulire di nuovo la bicicletta.

giovedì 20 febbraio 2014

Ospiti a Nomadelfia

Nomadelfia è un villaggio comunitario di circa 350 abitanti, barbicato sui poggi verdeggianti che sorgono al confine tra la valle dell’Ombrone e la Maremma grossetana.


Il nome significa, dal greco, “Legge di Fraternità”, e su questo principio, ispirato ai valori della fede cattolica, si basa la convivenza dei nomadelfi, seguaci degli insegnamenti e dell’esempio di don Zeno Saltini, che fondò il primo nucleo della comunità nel 1947, occupando un ex campo di concentramento in provincia di Modena.

martedì 11 febbraio 2014

Godimundi al Bici Senza Frontiere


A chi verrebbe in mente di partecipare ad un raduno di ciclisti urbani proprio a febbraio e proprio nella non proprio mite città di Bologna? Naturalmente a noi, che ci siamo venuti appositamente in tandem da Prato. E come a noi, ad altre centinaia di ciclisti provenienti da tutta Italia, per i quali la bicicletta non significa soltanto viaggi, sport e  tempo libero, ma è anche e soprattutto un mezzo indispensabile nella vita quotidiana, per andare a lavorare, portare i bambini a scuola, fare la spesa. Piazza Maggiore è stata così invasa da un variopinto popolo di ciclo-entusiasti, che hanno per una volta avuto uno spazio tutto per sé per incontrarsi, confrontarsi in una serie di gare a pedali all’insegna del divertimento, e far sentire la loro voce troppo spesso soffocata dal rumore frastornante del traffico cittadino. 





È questo il senso di Bici Senza Frontiere, la manifestazione che si è tenuta a Bologna l’8 febbraio in occasione del secondo anniversario dalla nascita del movimento #Salvaiciclisti, che negli ultimi due anni ha portato alla ribalta, sui media nazionali e nell’agenda di governo, i temi della mobilità ciclistica e della sicurezza stradale.

martedì 21 gennaio 2014

Partiamo da casa: La ciclo-stazione di Recuperiamoci! in via Cironi


È proprio nella nostra città, a Prato, in pieno centro storico.



Si occupa di recupero, non solo in termini di riciclo e scambio, ma soprattutto nel senso di riscatto sociale.

Gestisce una stazione per le biciclette con annessa ciclo-officina.

È immersa nell’urgenza di una campagna di sostegno per poter continuare la sua attività.

È la onlus Recuperiamoci!, il posto ideale da dove inaugurare la nostra rassegna di storie di ecologia e coraggio che segnerà le tappe del nostro viaggio in tandem.