A Matera la nostra rassegna di storie
di ecologia e coraggio si è arricchita di un capitolo memorabile, fitto di
personaggi d’eccezione, esperienze significative e amicizie indelebili.
Come siamo arrivati qui è già un
romanzo di coincidenze fatali e incontri fulminanti che hanno intricato e
dipanato la verde trama del nostro viaggio.
Tutto è cominciato a Gravina, incantevole e
sconosciuta gemella pugliese di Matera, dove, attraversata l’Alta Murgia, sostiamo
per la notte. Ci accampiamo in un oliveto sulla collina di Petramagna, sperone
roccioso che si erge dirimpetto al centro abitato, sull’altra sponda del
precipizio boscoso scavato dal torrente Gravina, da cui prendono il nome la
città e le fenditure carsiche tipiche della Murgia. Di sera il paese si accende
di una miriade di luci, ammantando lo strapiombo buio della gravina d’una
cascata di stelle che paiono sospese sotto di noi.
Ripartiti in direzione di
Altamura, deviamo improvvisamente verso sud perché «Matera è troppo vicina per
non andarci». Come al solito la strada viene incontro ai nostri bruschi cambi
di rotta, e alla prima rotonda una bici ci si affianca: è Vito, con una scorta
energizzante di frittelle di San Giuseppe e una spinta esagerata che rallenta
solo per aprirci il vento. Lo seguiamo in scia nella salita verso Matera, che
grazie al suo inarrestabile sprone raggiungiamo in un batter d’occhio.
I ragazzi delle Fucine
dell’Eco, centro sociale a cui ci ha indirizzato un amico originario di
Matera che vive in giro per il mondo, ci danno appuntamento per la sera al
museo Ridola. Così, mentre passeggiamo coi nasi all’insù e le bocche semiaperte
per i magici rioni dei Sassi, chiediamo indicazioni sul museo a una vispa donna
dal sorriso allegro e i ricci corvini: è – guardacaso! – la responsabile del
museo di Palazzo Lanfranchi e soprintendente per i beni storici, artistici ed
etnoantropologici della Basilicata, che prontamente ci invita all’inaugurazione
della mostra “Restituzioni”, dove si trovano in esposizione le opere del
territorio lucano restaurate nel laboratorio del museo. La generosa e intraprendente
Marta ci presenta al sindaco di Matera come esempio di un nuovo tipo di turismo
a cui la città dovrebbe aprirsi, soprattutto in vista della sua candidatura a Capitale Europea della Cultura 2019.
I ragazzi delle Fucine
dell’Eco polemizzano su questa iniziativa, soprattutto per le strumentalizzazioni
politiche che ha innescato, interessate a imbandire le solite passerelle e
vetrine di comodo piuttosto che affrontare i bisogni reali della città. Il
centro sociale, periodicamente sotto la minaccia di sgombro, si fa portavoce di
una controcultura di ispirazione anticapitalista ed ecologista che fonda il suo
attivismo sui principi di auto-gestione, solidarietà e collaborazione – qui il
manifesto della comunità:
Le immagini del centro parlano da sole: varcata la soglia dell’edificio scolastico dismesso da tempo, si entra in un atelier d’arte e cultura dove le creatività si incontrano e si esprimono in uno spazio libero e aperto al confronto e al cambiamento, in un laboratorio di attivismo urbano dove si sperimentano stili di vita alternativi e forme di socializzazione più umane e più responsabili, in una fucina di idee dove si crea e si realizza quotidianamente il sogno di altri futuri possibili.
Tra le attività promosse dalle
Fucine dell’Eco, molte si innestano sull’attivismo ambientalista che accomuna
diverse realtà associative del panorama sociale materano. Oltre al mercato
settimanale di prodotti locali dell’agricoltura biologica, le Fucine
organizzano laboratori, eventi culturali e campagne di sensibilizzazione in
collaborazione con le reti di CasaNetural
e UnMonastery, progetti di
co-living e co-working attivi in città, attorno a cui gravitano i nuovi amici
che incontriamo a Matera.
Pasquale “Squalo”, che ci offre ospitalità, suona percussioni nello spettacolo “La terra delle arance. Canti e cunti dell'antimafia sociale”, una pièce musical-teatrale che mette in scena insieme a Marco (regista e attore) e Piero (chitarra e voce). Di questo trio spassoso e affiatato abbiamo la fortuna di goderci la performance musicale che accompagna la presentazione del libro di Gianni Palumbo "La vicenda di Giuseppe Camillo Giordano. Frammenti d'Erbario di un botanico romantico".
Galeotto fu ‘l libro! Durante la
serata trascorsa a gozzovigliare in allegra compagnia conosciamo infatti anche Juliana, bio-architetto che collabora
al progetto AgriNetural,
con il quale l’associazione CasaNetural si propone di recuperare gli spazi
verdi abbandonati disseminati nella città, creando una serie di orti urbani
gestiti a livello comunitario, che possano
fornire prodotti ortofrutticoli locali, riqualificare le aree in disuso nel
centro storico e rivitalizzare la socialità urbana - su fb:
https://www.facebook.com/AgriNetural?ref=hl
https://www.facebook.com/AgriNetural?ref=hl
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