Abbiamo attraversato il
territorio glorioso e tormentato della Campania sul versante interno, lungo la
direttrice pianeggiante che si incunea tra i rilievi a Sessa Aurunca, segue la
valle del Volturno fino a Capua, costeggia la fertile zona dell’agro aversano incrociando
Caserta e lambisce la piana del nolano condensata tra i monti del Partenio e il
cono del Vesuvio. Finita la pacchia della pianura, ci siamo poi inerpicati fino
ad Avellino addentrandoci nell’Irpinia.
« Ormai è vicina la Terra
di Lavoro,
qualche branco di bufale, qualche
mucchio di case tra piante di
pomidoro,
èdere e povere palanche.
Ogni tanto un fiumicello, a pelo
del terreno, appare tra le
branche
degli olmi carichi di viti, nero
come uno scolo. Dentro, nel treno
che corre mezzo vuoto, il gelo »
(Pierpaolo Pasolini, La terra di
Lavoro, Le ceneri di Gramsci, Garzanti 1957)

Anche gli abitanti locali assomigliano
alla natura di queste parti: intensi, esuberanti e rapiti d’un’allegrezza
struggente e fatalista; ardenti, sanguigni e vitali d’un’ospitalità fraterna e
assoluta; tragici, sapidi e scanzonati d’una teatralità dignitosa e signorile.
A Carinola incontriamo una coppia
indimenticabile, che accoglie con sorniona nonchalance partenopea l’apparizione
del nostro accampamento nel giardinetto di casa: piantiamo infatti la tenda
davanti a quella che sembra una scuola abbandonata, quando a un tratto, dietro
una cortina scostata, compare il grumo di fumo e ilarità che è Elio. Tempo di
un rapido e memorabile scambio di sguardi e battute ed esce Luciana, fornita di
tutti i viveri della dispensa e dei deliziosi mandarini cinesi dell’orto
domestico.
A Cicciano veniamo circondati da un
vivace capannello di pittoreschi ciclo-attivisti che assistono Alessandro nella
sostituzione delle pasticche dei freni.
Un incontro, sempre breve ma
intenso, con l’insuperabile bontà della cucina partenopea, anch’essa
passionale, esuberante e assoluta, nel
chiosco friggitoria di Leonardo, a Cancello Scalo.

La stessa squisita ospitalità ci
accoglie in Irpinia,
terra dolceamara di campagne incontaminate e borghi sconosciuti, sfregiati dal
terremoto del 1980 che rivive negli sguardi malinconici, nei visi asciutti, nei
sorrisi intimiditi della gente che ci si avvicina cordiale e incuriosita. A Lioni, dalla nostra amica Antonietta, ci attendono i nostri caschi nuovi fiammanti, inviati da Alessandro della libreria di viaggi Il Manuale di Prato.
La nostra tenda a San Potito Ultra:
È quindi l’arte di arrangiarsi e
di sopravvivere con dignità, buonumore e fantasia ciò che più d’ogni altra cosa
i campani hanno assorbito da questo cielo denso di polline e di lapilli e di
vita, da questa terra folta di humus e di lava e di vita, da questa verdura
irripetibile, irriducibile e incorruttibile che si proietta grandiosa dalla
terra al cielo, mai parsi altrove così vicini e incompatibili come in questo
luogo, dove, colti nel delirio del loro verde amplesso, stanno sempre a
toccarsi e scornarsi, bisticciare e fare l’amore.
Un post stupendo... Viene voglia di partire. Matteo
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