Cara mamma,
se una mattina, aperta la finestra, ti investisse un soffio di quest'aria densa e nauseabonda che ora sto respirando, forse allora intuiresti il fremito che mi porta in queste isole sperdute così lontane da casa.
Sentiresti l'alito greve e muschiato della giungla che insinua le sue dita marciscenti tra i fiati di salsedine e pesce fritto appesi alle balaustre di bambù di palafitte macilente affacciate su boschi di coralli e mangrovie; e vedresti madonne indie dal capo ricciuto e lunghe ciglia ricurve a cavalcioni tra le possenti corna di bufale gravide al guazzo nel fango delle risaie; e ti troveresti accovacciata all'ombra delle foglie dei banani, stordita dal profumo dei frangipani, in un groviglio delirante di corpi bellissimi d'uomini e bestie, di sgargianti sorrisi rossi di betel, di pigolii e belati e schianti di cocchi tra i palmeti.
Conosceresti così il mio brivido, e ancora ti chiederesti perché lo preferisco all'eterna primavera delle lenzuola fresche, alla dolcezza struggente dei sottintesi quotidiani, alla bellezza imbattuta del cielo di casa.
Non so, mamma, se sia più forte lo spasmo per il mondo o la nostalgia, ma la felicità d'essere qui in questo esotico brulicare è anche nel profumo di violette celato nei tuoi cassetti, nell'indefesso tuo perpetuare la malia della memoria nella magia del sogno, nel sapervi lì come titanici Atlanti a reggere l'universo.
Buon compleanno mamma
Godimundi
Il giro del mondo in tandem
sabato 26 agosto 2017
mercoledì 1 ottobre 2014
La Sicilia in bicicletta
In nessun’altro luogo come in
Sicilia ho intuito e apprezzato il vero senso del viaggiare in bicicletta. Arrivando
in Sicilia in treno, in autobus o in autostop, infatti, i mezzi ti conducono
nelle stazioni, ti accompagnano presso amene località balneari, ti scortano fino
ai centri delle città che vale la pena visitare, corti dorate addobbate a festa
che accolgono il visitatore come un invitato di riguardo, con la gentilezza
cerimoniosa che spesso guarnisce l’ospitalità siciliana. Quello che c’è in
mezzo a queste oasi felici si vede passare dal finestrino come il montaggio di
un film surrealista, un guazzabuglio di immagini di cui non si sente l’odore e
che scivolano via dalla memoria perché non si attaccano ai sensi.
Attraversare la Sicilia in
bicicletta è invece innanzitutto un viaggio dei sensi e, inoltre, un’esplorazione
dell’anima: si resta frastornati dal caleidoscopio infinitamente variegato dei
suoi scorci, l’incanto delle baie e la desolazione delle campagne, la magnificenza
delle vestigia storiche e l’incuria delle periferie, la sontuosità della
pasticceria e l’eterogeneità dei mercati rionali; si arriva curiosi, pieni di
aspettative e desideri, e si parte cambiati, svuotati di molte certezze,
arricchiti dalla scoperta dell’avvincente spirito siciliano, che pur nell’incostanza
delle sue manifestazioni – tanto generoso, tragico, passionale, quanto schivo,
astratto, meditabondo – si fa riconoscere per un carattere distintivo, quello
che il Gattopardo definisce onirico, in quanto partecipa della stessa
iperbolica densità e della stessa arbitrarietà del sogno.
martedì 2 settembre 2014
La Sardegna in bicicletta
Fin dal suo primo
affiorare improvviso nell’orizzonte caliginoso del mattino, la Sardegna coglie
alla sprovvista il vacanziere che emerge assonnato dalla penombra stantia dello
sbuffante ventre d’acciaio della nave. Il viaggiatore si stropiccia gli occhi
cercando di mettere a fuoco il profilo sformato che si delinea sempre più
vicino in mezzo al deserto blu del mare, ma l’isola rimane così, sfumata e
inafferrabile, una visione sospesa nella bruma lattescente, sirena spiaggiata
che lo richiama a sé con un’arcana voce suadente, come l’eco misteriosa
dell’evocazione di lidi assolati e territori inesplorati che ha occupato i suoi
sogni fino a pochi minuti prima.
Eppure eccola sotto i
suoi piedi, finalmente, dopo tanto fantasticare, la mitica terra di Sardegna. Sarà
la traversata, sarà la suggestione, sarà che è davvero così, ma posati i primi
passi su questo suolo arcaico, il villeggiante è invaso dalla sensazione possente
di non trovarsi più sulla zolla italica, e allunga smanioso il collo da ogni
lato, pronto a cogliere ogni dettaglio anomalo, ogni scorcio inusuale, ogni
intonazione sconosciuta, che lo facciano sentire lontano da casa.
E la terra più antica d’Italia non delude l’aspettativa d’esotismo
sottesa al viaggio. Il paesaggio, smussato ma bizzoso, pervaso d’un’energia
immensa e immota come uno stagno, saturo d’un’intensa luce bianca che sembra
emanare dal suolo e irradiarsi nel cielo, dipinto nell’aria tersa e pura dove
gli odori non si propagano, ma si stagliano netti e affilati, dove i suoni non
rimbombano, ma sciabordano con la maestosità sommessa della risacca, sembra
fissato per sempre in uno spicchio di mondo senza tempo.
giovedì 12 giugno 2014
Alla scoperta della Val di Bisenzio con H2E - Energie Rinnovabili
Da qualche giorno a Prato si è
sparsa la voce della nostra partenza per un viaggio in tandem fino a Wenzhou,
ai confini dell’Impero Celeste.
È stimolante, commuovente e perfino inaspettato
che da una realtà intraprendente e industriosa come quella di Prato (coi piedi
ben saldi in terra per intenderci) ci arrivino da ogni parte incoraggiamenti e
messaggi di solidarietà con i quali la città si stringe intorno al nostro
progetto. Molti sostenitori ci dicono: «Ci sembrerà di viaggiare con voi!» e
andare così alla scoperta di quei territori sconosciuti, sperduti e
lontanissimi da dove in realtà provengono tanti abitanti di Prato.
Abbiamo
l’ennesima conferma che alle forti e profonde radici che ancorano la città alla
propria terra corrisponde una altrettanto estesa rete di rami e foglie che si protendono
verso il mondo per respirarlo e carpirne le essenze vitali e le buone
vibrazioni.
giovedì 22 maggio 2014
Canapuglia e Urupia: viaggio attraverso l'utopia realizzata
Salutiamo la Puglia con un ultimo
– per ora – itinerario coast to coast da Bari a Taranto, che ci regala
ciclo-incontri emozionanti e tocca due mete fondamentali nella nostra rassegna
di storie di ecologia e coraggio: l’associazione Canapuglia, che ha sede a Conversano, e la
comune di Urupia, situata nelle campagne tra Francavilla Fontana e San Marzano.
Da un lato la brillante
iniziativa intrapresa tre anni fa da un gruppo di giovani pugliesi, che hanno
scommesso il proprio futuro in una sfida all’insegna dell’ecologia; dall’altro
una comunità di ispirazione anarchica fondata nel 1995 da avanguardisti
salentini e tedeschi, che in vent’anni di attivismo si è distinta come faro e
modello per eco-villaggi e comunità intenzionali in Italia e in Europa.
domenica 4 maggio 2014
Joyful moments in Val d'Itria
La Puglia è senza dubbio il paradiso
dei ciclisti: grande abbondanza di pianure e altipiani; una viabilità
secondaria sviluppata, agevole e priva di traffico; il trasporto della bici sui
treni regionali è pure gratuito.
La Val d’Itria in particolare è percorribile
in tutta tranquillità attraverso mulattiere e stradine di servizio che
collegano le masserie, intersecando le campagne sterminate dove la terra rossa sboccia
come una ferita aperta tra le esangui slabbrature puntinate di licheni dei muretti
a secco.
In questo territorio, solo
all’apparenza piatto e uniforme, si sviluppa un immaginario complesso e
singolare riguardo all’ambiente, a cui danno voce i nomi delle località e i
termini geologici creati ad hoc per definire le particolarità morfologiche
delle murge: si parla di gravine, lame, puli e pulicchi.
Nei toponimi, nelle denominazioni
geologiche, nelle campagne sconfinate c’è ovunque una protagonista fondamentale
che domina ma non si vede, una grande assente la cui presenza vitale, intrinseca,
sotterranea, disegna in superficie una ragnatela di sintomi, segni, ricordi, in
un’implicita, soffusa, implorante invocazione che sale dalla roccia che si sgretola,
dai tronchi rugosi degli ulivi secolari, dal rantolo delle cicale, dalla nostra
stessa bocca impastata e riarsa perfino in questa stagione: acqua! L’acqua fa un
percorso assurdo per arrivare fino a qui, incanalata dalle selve della Basilicata
nell’acquedotto più lungo al mondo per irrigare questa manciata di terra intensivamente
sfruttata spolverata su una lastra di roccia carsica.
giovedì 24 aprile 2014
Storie di ordinario eroismo
C’è chi si accontenta di
immaginare il Sud come una terra sperduta e perduta, bella e aspra, selvaggia e
incomprensibile, covo di mafie e di clandestini, patria di Carmine Crocco e
d’altri innumerevoli briganti barbari e impuniti, culla di spiriti sanguigni,
bizzosi e indolenti.
C’è chi dal Sud è emigrato e ne
rievoca la bellezza struggente con colpevole nostalgia, amaro disincanto e
impotente indignazione.
C’è chi invece al Sud ha scelto
di restare, per godere della dolcezza della sua aria e del cuore aperto dei
suoi abitanti, per farsi alleato del suo destino e combattere ogni giorno la
sua inestinguibile battaglia.
Alle storie di questi guerrieri,
giovani e ardenti, che abbiamo incontrato nelle nostre peregrinazioni in
libertandem, dedichiamo questo post. A Gianni e l’allegra combriccola di
Pomarico, che nel segno della loro indissolubile amicizia realizzano insieme il
sogno di riscattare la propria terra e il proprio futuro; a Deborah, che con la
sua solarità travolgente ha intessuto intorno a sé una trama vivace e feconda
di fermento musicale e sociale; a Luca, che con eroico coraggio e forza
inarrestabile è riuscito a risollevarsi dal baratro e maturare un nuovo e più
profondo senso di sé e degli altri; a Mimmo e Giusy, che, sbaragliati tutti i
disagi e i pregiudizi, vivono il miracolo quotidiano di costruire con le
proprie mani il loro vero, giusto e accogliente angolo di paradiso.
lunedì 21 aprile 2014
Matera, fucina dell'eco...logia
Se le risorse naturalistiche del
Mezzogiorno appaiono spesso tristemente svendute nella complice omertà
dell’indifferenza ottusa, dell’ignoranza plaudente e dell’impotenza
generalizzata, la più celebre città della Basilicata non ha l’aria di volersi
arrendere all’inevitabile o lasciarsi sopraffare impunemente.
Matera, negli anni ’50 simbolo del
Meridione povero e vergogna d’Italia, che come il pancione gonfio dei bimbi del
Biafra suscitò l’interminabile sproloquio del buonismo massmediatico e la
contraddittoria sequela di proclami roboanti e interventismo ad muzzum con cui
i poteri forti hanno da sempre liquidato la questione meridionale, Matera,
araba fenice cento volte risorta dalle sue ceneri e mille volte dimenticata,
Matera vive oggi una nuova primavera, soffusa d’ovattate e sorprendenti forme
di rinascita, di fermento giovanile, di attivismo internazionale, d’un vago
sapore ribelle e brioso tutto da esplorare.
A Matera la nostra rassegna di storie
di ecologia e coraggio si è arricchita di un capitolo memorabile, fitto di
personaggi d’eccezione, esperienze significative e amicizie indelebili.
Come siamo arrivati qui è già un
romanzo di coincidenze fatali e incontri fulminanti che hanno intricato e
dipanato la verde trama del nostro viaggio.
lunedì 14 aprile 2014
La lunga marcia delle energie rinnovabili nel Sud
La nostra rapida traversata della
Basilicata
si dispiega agile e vivace all’insegna delle energie rinnovabili: dalla
provincia di Avellino, che i suoi stessi abitanti denominano affettuosamente
“terra dell’eolico”, ci inerpichiamo sui rilievi boscosi della Lucania, merlati
anch’essi dei profili svettanti delle turbine a vento.
Della loro terra i lucani non intessono
lodi sperticate né esprimono giudizi sferzanti; talvolta ne tacciono
completamente; spesso, con la loquela scarna e schietta che è loro peculiare,
te ne fanno innamorare come d’una passante sconosciuta di cui hai appena
incrociato lo sguardo ammaliante. Terra di boschi, di lupi, di luce: con queste
tre parole (in latino lucus, lupus, lux)
spiegano l’etimologia di Lucania i suoi stessi abitanti, che usano definirsi
riferendosi alle regioni vicine, di cui la Basilicata ha da sempre
rappresentato la sorella povera: «Qui a Potenza siamo gente semplice come i
campani dell’Irpinia»; «Qui a Matera siamo aperti e intraprendenti come i
pugliesi della costa»…
giovedì 10 aprile 2014
Nella terra del vento: la Puglia e Ciclomurgia
Quand’è che siamo approdati su
questo bastimento carico d’anfore d’olio dorato e di vino rubino chiamato Puglia?
Un vascello sventagliante dal profilo affilato, che le braccia nerborute dei
suoi rematori sbuffanti si sforzano di strappare dall’ancora incagliata tra le
crespe gravine dell’entroterra, puntando cocciuti a est. Dall’oriente arriva
già l’odore speziato dei mercati chiassosi, dei pomodori essiccati a grappoli
sulle terrazze ventose, delle bocche di creta dei forni che sprigionano densi
aliti di mandorle tostate e semi di finocchio. D’oriente sa il candore abbacinante
dei lastricati e degli intonaci, delle lenzuola gonfie di libeccio che
trasformano casupole anguste e arroccate in saettanti velieri di tesori e
pirati, dei lustri vicoli fitti di ballatoi e scalinate, tessuti della stessa
trama ingegnosamente intricata dei ricami che fluttuano sugli usci aperti.
E nei volti, negli sguardi, nelle
voci della gente di Puglia tutta la meraviglia dell’anima meticcia dei popoli
di mare, con le loro mani svelte, le loro menti fervide e i loro occhi pieni
d’azzurro. Provenendo dalle contrade corrugate e selvagge della Basilicata, il
cambio è netto: ci si ritrova d’un tratto in un affollato crocevia di incontri
e scambi, che mostra tutti i segni dei secolari mercanteggiamenti di cui è
stato teatro, tutti i trofei e le cicatrici di una terra sfruttata fino al
midollo, che l’amore sviscerato dei suoi abitanti non si arrende a far franare,
avvelenare, abbandonare, come è successo altrove. Qui si respira un’aria diversa,
un’atmosfera rarefatta, resa effervescente e intraprendente dal passaggio di
mille venti, pellegrini, avventurieri, mercanti. Qui avviene ogni giorno un
incontro fatale, siamo ospiti ogni notte di un nuovo amico, ogni persona che
incrociamo è impaziente di conoscere la nostra storia e di raccontarci la sua,
di cogliere le affinità di intenti, radici, ideali che ci uniscono e ci rendono
indispensabili gli uni agli altri, indigeni e viaggiatori, legati
indistricabilmente in una vorticosa girandola di destini.
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