giovedì 10 aprile 2014

Nella terra del vento: la Puglia e Ciclomurgia

Quand’è che siamo approdati su questo bastimento carico d’anfore d’olio dorato e di vino rubino chiamato Puglia? Un vascello sventagliante dal profilo affilato, che le braccia nerborute dei suoi rematori sbuffanti si sforzano di strappare dall’ancora incagliata tra le crespe gravine dell’entroterra, puntando cocciuti a est. Dall’oriente arriva già l’odore speziato dei mercati chiassosi, dei pomodori essiccati a grappoli sulle terrazze ventose, delle bocche di creta dei forni che sprigionano densi aliti di mandorle tostate e semi di finocchio. D’oriente sa il candore abbacinante dei lastricati e degli intonaci, delle lenzuola gonfie di libeccio che trasformano casupole anguste e arroccate in saettanti velieri di tesori e pirati, dei lustri vicoli fitti di ballatoi e scalinate, tessuti della stessa trama ingegnosamente intricata dei ricami che fluttuano sugli usci aperti.

E nei volti, negli sguardi, nelle voci della gente di Puglia tutta la meraviglia dell’anima meticcia dei popoli di mare, con le loro mani svelte, le loro menti fervide e i loro occhi pieni d’azzurro. Provenendo dalle contrade corrugate e selvagge della Basilicata, il cambio è netto: ci si ritrova d’un tratto in un affollato crocevia di incontri e scambi, che mostra tutti i segni dei secolari mercanteggiamenti di cui è stato teatro, tutti i trofei e le cicatrici di una terra sfruttata fino al midollo, che l’amore sviscerato dei suoi abitanti non si arrende a far franare, avvelenare, abbandonare, come è successo altrove. Qui si respira un’aria diversa, un’atmosfera rarefatta, resa effervescente e intraprendente dal passaggio di mille venti, pellegrini, avventurieri, mercanti. Qui avviene ogni giorno un incontro fatale, siamo ospiti ogni notte di un nuovo amico, ogni persona che incrociamo è impaziente di conoscere la nostra storia e di raccontarci la sua, di cogliere le affinità di intenti, radici, ideali che ci uniscono e ci rendono indispensabili gli uni agli altri, indigeni e viaggiatori, legati indistricabilmente in una vorticosa girandola di destini. 




I primi amici che incontriamo in Puglia sono Filippo e Marinella, irriducibili ciclo-attivisti che promuovono progetti di mobilità sostenibile, sensibilizzazione ambientale, turismo responsabile e riscoperta del territorio attraverso la loro associazione Ciclomurgia.
Guarda caso sono ciclo-viaggiatori appassionati e infaticabili, che hanno compiuto diversi viaggi in tandem! È un piacere condividere insieme le nostre avventure, godere della loro eccezionale ospitalità e sentirli raccontare della loro terra, che il loro lavoro si propone di preservare e valorizzare. Le loro attività si svolgono in particolare nel parco dell’Alta Murgia, nel quale hanno mappato diversi itinerari cicloturistici e dove organizzano visite in bicicletta rivolte alle scuole o a gruppi di turisti, a cui propongono gite su misura alla scoperta delle bellezze naturalistiche, storiche, culturali ed enogastronomiche del territorio pugliese, avvalendosi della consulenza di un naturalista esperto della fauna e della flora locale, dell’esperienza di Marinella – attiva nel campo dell’educazione e cultrice della tradizione culinaria murgiana – e dell’assistenza tecnica di Filippo, guida ambientale escursionistica certificata e meccanico competente rodato per anni nelle ciclo-officine romane.


Gli affascinanti itinerari consultabili sul loro sito (come la Transmurgiana, che noi stessi seguiamo secondo il percorso mappato da Filippo) si snodano attraverso i suggestivi panorami della Murgia e le sue realtà tipiche, come masserie, frantoi, mulini, forni e trattorie, attività consorziate grazie all’impegno di Ciclomurgia in una rete solidale, attiva a sostenere l’economia locale attraverso i circuiti virtuosi dei GAS, del turismo sostenibile, delle tradizioni artigiane e dell’agricoltura biologica.


Filippo ci presenta la Murgia come un territorio in pericolo che preservare è un obbligo e una missione: «La Murgia è un raro esempio di pseudo-steppa, e possiede un patrimonio naturalistico unico, caratterizzato da una biodiversità impressionante; da sola contiene un quarto delle specie vegetali nazionali, di cui molti endemismi, come i licheni e le orchidee. È stato devastato da un’amministrazione miope e asservita ai poteri economici, che ha permesso lo sfruttamento agricolo a livello estensivo di una terra sassosa, arida, a scarso rendimento: gli imprenditori agricoli piantano il grano per avere accesso alle sovvenzioni europee, ma ci sono pochi metri di suolo coltivabile e sotto è tutta roccia, perciò il grano non rende ed è di scarsissima qualità. Bisognerebbe salvaguardare il territorio con leggi apposite e invece si apre la strada ai veleni e alla monocoltura.» Iniziative come quelle promosse da Ciclomurgia sono da plaudire come un’inversione di rotta che punta all’unicità del territorio e porta ricchezza distribuita e lungimirante piuttosto che depauperare il locale delle sue risorse.

L’itinerario che intraprendiamo seguendo le indicazioni di Filippo e Marinella parte da Trani, la loro stupenda città costiera, interamente costruita della candida pietra locale. Visitando la bianca cattedrale normanna abbiamo l’opportunità di fare due chiacchere con il parroco: è un pozzo di cultura e affabilità, che ci spiega come nella sua chiesa sia possibile apprezzare il lento processo di formazione del marmo nelle sue diverse fasi metamorfiche, rappresentate nelle svariate colonne della cattedrale, recuperate da monumenti più antichi.







Partiti da Trani risaliamo verso l’interno sui colli pietrosi dell’Alta Murgia, ci accampiamo sotto al celeberrimo ottagono di Casteldelmonte, attraversiamo tutto l’altipiano coltivato fino a Gravina, poi deviamo verso Matera attirati dalla vicinanza di questa meta imperdibile.
È un percorso piacevole, di cui ci colpiscono soprattutto i terreni intensamente coltivati, gli sterminati oliveti irrigati, gli impressionanti impianti di viti da tavola già coperti di teli, i campi di ortaggi a perdita d’occhio: qua, ci dicono, ci sono le coltivazioni delle multinazionali dei surgelati; in effetti l’aria è spesso pervasa di un odore chimico di vaniglia e disinfettante che pare quello di un ospedale asettico, piuttosto che di una campagna brulicante di vita.

























Ma la natura resiste e riesce, sempre e comunque, a emozionarci e farci sognare: le fioriture scampate ai diserbanti si dischiudono spettacolari sotto il sole smagliante; le strade sono scorrevoli e deserte; la salita è dolce e progressiva fino all’armonica geometria di Casteldelmonte, che domina le valli circostanti con il suo misterioso inseguirsi di simboli esoterici, segni templari e suggestioni mistiche che ci fanno vedere numeri 8 dappertutto!


Questo poderoso complesso, simbolo della Puglia, ci regala un riflesso della mente acuta e magnetica di una delle personalità più carismatiche del mondo antico, Federico II, che ha voluto imprimere la sua impronta in questo luogo ricco di energia.



L’energia qui certamente abbonda, sprigionata da una natura che nonostante gli incessanti attacchi domina ancora: così l’Alta Murgia è disseminata di pannelli fotovoltaici e turbine a vento che fanno sperare in una diversa concezione del territorio a servizio dell’uomo e a salvaguardia dell’ambiente.


3 commenti:

  1. Grazie di cuore..che emozioni.Grazie a te Ale ma ancora di più a Stefania che riesce a scrivere facendoci provare le emozioni di esserci.

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  2. Grandi ragazzi!!
    Buon viaggio e vento in poppa!
    Filippo e Marinella

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