Quand’è che siamo approdati su
questo bastimento carico d’anfore d’olio dorato e di vino rubino chiamato Puglia?
Un vascello sventagliante dal profilo affilato, che le braccia nerborute dei
suoi rematori sbuffanti si sforzano di strappare dall’ancora incagliata tra le
crespe gravine dell’entroterra, puntando cocciuti a est. Dall’oriente arriva
già l’odore speziato dei mercati chiassosi, dei pomodori essiccati a grappoli
sulle terrazze ventose, delle bocche di creta dei forni che sprigionano densi
aliti di mandorle tostate e semi di finocchio. D’oriente sa il candore abbacinante
dei lastricati e degli intonaci, delle lenzuola gonfie di libeccio che
trasformano casupole anguste e arroccate in saettanti velieri di tesori e
pirati, dei lustri vicoli fitti di ballatoi e scalinate, tessuti della stessa
trama ingegnosamente intricata dei ricami che fluttuano sugli usci aperti.
E nei volti, negli sguardi, nelle
voci della gente di Puglia tutta la meraviglia dell’anima meticcia dei popoli
di mare, con le loro mani svelte, le loro menti fervide e i loro occhi pieni
d’azzurro. Provenendo dalle contrade corrugate e selvagge della Basilicata, il
cambio è netto: ci si ritrova d’un tratto in un affollato crocevia di incontri
e scambi, che mostra tutti i segni dei secolari mercanteggiamenti di cui è
stato teatro, tutti i trofei e le cicatrici di una terra sfruttata fino al
midollo, che l’amore sviscerato dei suoi abitanti non si arrende a far franare,
avvelenare, abbandonare, come è successo altrove. Qui si respira un’aria diversa,
un’atmosfera rarefatta, resa effervescente e intraprendente dal passaggio di
mille venti, pellegrini, avventurieri, mercanti. Qui avviene ogni giorno un
incontro fatale, siamo ospiti ogni notte di un nuovo amico, ogni persona che
incrociamo è impaziente di conoscere la nostra storia e di raccontarci la sua,
di cogliere le affinità di intenti, radici, ideali che ci uniscono e ci rendono
indispensabili gli uni agli altri, indigeni e viaggiatori, legati
indistricabilmente in una vorticosa girandola di destini.
I primi amici che incontriamo in
Puglia sono Filippo
e Marinella,
irriducibili ciclo-attivisti che promuovono progetti di mobilità sostenibile,
sensibilizzazione ambientale, turismo responsabile e riscoperta del territorio
attraverso la loro associazione Ciclomurgia.
Guarda caso sono
ciclo-viaggiatori appassionati e infaticabili, che hanno compiuto diversi viaggi in tandem!
È un piacere condividere insieme le nostre avventure, godere della loro eccezionale
ospitalità e sentirli raccontare della loro terra, che il loro lavoro si
propone di preservare e valorizzare. Le loro attività si svolgono in
particolare nel parco dell’Alta Murgia, nel quale hanno
mappato diversi itinerari cicloturistici
e dove organizzano visite in bicicletta rivolte alle scuole o a gruppi di
turisti, a cui propongono gite su misura alla scoperta delle bellezze
naturalistiche, storiche, culturali ed enogastronomiche del territorio pugliese,
avvalendosi della consulenza di un naturalista esperto della fauna e della
flora locale, dell’esperienza di Marinella – attiva nel campo dell’educazione e
cultrice della tradizione culinaria murgiana – e dell’assistenza tecnica di Filippo,
guida ambientale escursionistica certificata e meccanico competente rodato per anni nelle
ciclo-officine romane.
Gli affascinanti itinerari consultabili sul loro sito
(come la Transmurgiana,
che noi stessi seguiamo secondo il percorso mappato da Filippo) si snodano attraverso
i suggestivi panorami della Murgia e le sue realtà tipiche, come masserie,
frantoi, mulini, forni e trattorie, attività consorziate grazie all’impegno di Ciclomurgia
in una rete solidale, attiva a sostenere l’economia locale attraverso i circuiti
virtuosi dei GAS, del turismo sostenibile, delle tradizioni artigiane e dell’agricoltura
biologica.
Filippo ci presenta la Murgia
come un territorio in pericolo che preservare è un obbligo e una missione: «La
Murgia è un raro esempio di pseudo-steppa, e possiede un patrimonio naturalistico
unico, caratterizzato da una biodiversità impressionante; da sola contiene un
quarto delle specie vegetali nazionali, di cui molti endemismi, come i licheni
e le orchidee. È stato devastato da un’amministrazione miope e asservita ai
poteri economici, che ha permesso lo sfruttamento agricolo a livello estensivo
di una terra sassosa, arida, a scarso rendimento: gli imprenditori agricoli piantano
il grano per avere accesso alle sovvenzioni europee, ma ci sono pochi metri di
suolo coltivabile e sotto è tutta roccia, perciò il grano non rende ed è di
scarsissima qualità. Bisognerebbe salvaguardare il territorio con leggi
apposite e invece si apre la strada ai veleni e alla monocoltura.» Iniziative
come quelle promosse da Ciclomurgia sono da plaudire come un’inversione di
rotta che punta all’unicità del territorio e porta ricchezza distribuita e
lungimirante piuttosto che depauperare il locale delle sue risorse.
L’itinerario che intraprendiamo seguendo
le indicazioni di Filippo e Marinella parte da Trani, la loro stupenda città costiera,
interamente costruita della candida pietra locale. Visitando la bianca cattedrale
normanna abbiamo l’opportunità di fare due chiacchere con il parroco: è un
pozzo di cultura e affabilità, che ci spiega come nella sua chiesa sia
possibile apprezzare il lento processo di formazione del marmo nelle sue diverse
fasi metamorfiche, rappresentate nelle svariate colonne della cattedrale,
recuperate da monumenti più antichi.
Partiti da Trani risaliamo verso
l’interno sui colli pietrosi dell’Alta Murgia, ci accampiamo sotto al
celeberrimo ottagono di Casteldelmonte, attraversiamo tutto l’altipiano
coltivato fino a Gravina, poi deviamo verso Matera attirati dalla vicinanza di
questa meta imperdibile.
È un percorso piacevole, di cui
ci colpiscono soprattutto i terreni intensamente coltivati, gli sterminati
oliveti irrigati, gli impressionanti impianti di viti da tavola già coperti di
teli, i campi di ortaggi a perdita d’occhio: qua, ci dicono, ci sono le coltivazioni
delle multinazionali dei surgelati; in effetti l’aria è spesso pervasa di un
odore chimico di vaniglia e disinfettante che pare quello di un ospedale
asettico, piuttosto che di una campagna brulicante di vita.
Ma la natura resiste e riesce,
sempre e comunque, a emozionarci e farci sognare: le fioriture scampate ai
diserbanti si dischiudono spettacolari sotto il sole smagliante; le strade sono
scorrevoli e deserte; la salita è dolce e progressiva fino all’armonica
geometria di Casteldelmonte, che domina le valli circostanti con il suo
misterioso inseguirsi di simboli esoterici, segni templari e suggestioni
mistiche che ci fanno vedere numeri 8 dappertutto!
Questo poderoso complesso,
simbolo della Puglia, ci regala un riflesso della mente acuta e magnetica di
una delle personalità più carismatiche del mondo antico, Federico II, che ha
voluto imprimere la sua impronta in questo luogo ricco di energia.
Grazie di cuore..che emozioni.Grazie a te Ale ma ancora di più a Stefania che riesce a scrivere facendoci provare le emozioni di esserci.
RispondiEliminaNe uscirà un bel romanzo!
EliminaGrandi ragazzi!!
RispondiEliminaBuon viaggio e vento in poppa!
Filippo e Marinella