C’è chi si accontenta di
immaginare il Sud come una terra sperduta e perduta, bella e aspra, selvaggia e
incomprensibile, covo di mafie e di clandestini, patria di Carmine Crocco e
d’altri innumerevoli briganti barbari e impuniti, culla di spiriti sanguigni,
bizzosi e indolenti.
C’è chi dal Sud è emigrato e ne
rievoca la bellezza struggente con colpevole nostalgia, amaro disincanto e
impotente indignazione.
C’è chi invece al Sud ha scelto
di restare, per godere della dolcezza della sua aria e del cuore aperto dei
suoi abitanti, per farsi alleato del suo destino e combattere ogni giorno la
sua inestinguibile battaglia.
Alle storie di questi guerrieri,
giovani e ardenti, che abbiamo incontrato nelle nostre peregrinazioni in
libertandem, dedichiamo questo post. A Gianni e l’allegra combriccola di
Pomarico, che nel segno della loro indissolubile amicizia realizzano insieme il
sogno di riscattare la propria terra e il proprio futuro; a Deborah, che con la
sua solarità travolgente ha intessuto intorno a sé una trama vivace e feconda
di fermento musicale e sociale; a Luca, che con eroico coraggio e forza
inarrestabile è riuscito a risollevarsi dal baratro e maturare un nuovo e più
profondo senso di sé e degli altri; a Mimmo e Giusy, che, sbaragliati tutti i
disagi e i pregiudizi, vivono il miracolo quotidiano di costruire con le
proprie mani il loro vero, giusto e accogliente angolo di paradiso.
Arriviamo a Pomarico con una rapida e piacevole
pedalata da Matera, lungo la statale assolata e ventosa, di sabato
completamente deserta.
All’ultimo bivio prima dell'arrampicata finale verso il
paese, due autostoppisti si sgranchiscono preparandosi alla salita. Ci guardiamo
incuriositi a vicenda, ci sorridiamo divertiti, ci veniamo incontro allegri e
solidali: la strada ci ha già reso complici compagni di viaggio. «Conoscete Gianni?»
«Certo, stiamo andando da lui!» Sono Deborah e Luca, confluiti al raduno
estemporaneo che Gianni ha inconsapevolmente scatenato a casa sua. Mamma e
nonna non fanno una piega all’arrivo inaspettato di 15 invitati a pranzo, e
imbandiscono la tavola di un’ininterrotta profusione di prelibatezze che sembra
non avere mai fine, ripetendo tra mille premure: «Se ce l’aveste detto prima! Ora
vi dovete arrangiare con quello che c’è!»
Gianni, Marco, Carlo, Pietro, Giuseppe,
Nunzia, ci accompagnano alla scoperta della loro terra natia, il panoramico e
dissestato territorio di Pomarico, borgo pittoresco abbarbicato su un cono di
roccia che si va progressivamente sbriciolando nelle valli limitrofe del
Bradano e del Basento.
I gioviali compari sono uniti da
un profondo senso dell’amicizia e delle radici, che li rende un gruppo partecipe
e compatto, unanimemente impegnato nel progetto agricolo che ha intrapreso. Provenienti
da formazioni eterogenee – c’è il chimico e il contadino, il biologo e il programmatore
informatico, l’ingegnere e il factotum amante della caccia –, lavorano in sinergia
condividendo risorse personali e competenze tecniche per la realizzazione di un
sogno comune: avviare un’attività di agricoltura biodinamica fiorente nel loro
territorio, che raccolga il consenso e la partecipazione dei paesani e delle
autorità.
Ognuno dei ragazzi possiede infatti un appezzamento di terra ereditato
dalla famiglia, dove gli avi coltivavano oliveti, vigne, alberi da frutto e
ortaggi. Il quasi totale abbandono delle campagne e delle attività agricole di
mantenimento ha contribuito all’attuale grave destabilizzamento dei terreni, già per natura predisposti a frane e smottamenti:
il territorio di Pomarico si caratterizza infatti per il suolo argilloso, che
dota il panorama degli spettacolari ventagli bianchi e ocra dei calanchi.
Per
il recupero, lo sviluppo e la valorizzazione dei campi di famiglia si rende
perciò urgente un intervento di primo soccorso, che consenta una progressiva rigenerazione
del suolo, della sua vitalità e della sua produttività. Il gruppo sta quindi
procedendo innanzitutto all’arricchimento organico del suolo, da attuarsi seguendo
principi e metodologie tramandati dall’agricoltura naturale di Fukuoka e
tramite l’ausilio di preparazioni e misture specifiche, ovviamente biologiche e
auto-prodotte direttamente in loco.
Per l’analisi qualitativa dei propri
terreni e dei fertilizzanti prodotti, il progetto dei ragazzi ha inoltre
ottenuto l’assistenza tecnica di Deafal, un’ONG che promuove in Europa e nel sud
del mondo la cultura dell’agroecologia,
altrimenti detta agricoltura organica, incentrata sulla diffusione
delle buone pratiche dell’agricoltura biologica e sul rafforzamento umano,
sociale ed economico dell’agricoltura familiare.
Il progetto di auto-produzione è
già pienamente operativo. Nella penombra del suo laboratorio, ricavato da
un’antica abitazione del centro storico, Gianni scoperchia bidoni ribollenti,
invitandoci ad osservare odore e colore del contenuto, ci mostra i cumuli di
materiali, elencandone proprietà e utilizzi, illustra da seminarista navigato i
processi chimici che regolano il ciclo vitale dei suoi migliori alleati, i
microorganismi responsabili della fermentazione e del compostaggio.
Il laboratorio produce e sperimenta
con successo bio-fertilizzanti come bokashi, super magro ed estratto di
microorganismi di collina, mentre è in fase di preparazione un antiparassitario
a base di erbe aromatiche.
Scopriamo infatti che il
territorio di Pomarico si caratterizza per un’eccezionale varietà di erbe
spontanee, edibili e medicinali; non per niente ha dato i natali al grande
botanico, scienziato romantico e appassionato erborizzatore Giuseppe
Camillo Giordano.
Aldilà del dissesto
idro-geologico, l’aria resta comunque superba, quasi che il vento che soffia
incessante la tenga tersa, pura, rigenerante. Ovunque ci si affacci ai bordi
scoscesi del paese, la vista spazia su vasti orizzonti che ampliano il respiro
e che hanno forse reso le menti locali così aperte e accese, limpide e
frizzanti come le correnti che spirano dai panorami sconfinati, che pettinano le
costole ossute dei calanchi e il filo interminabile dei pensieri, che animano
la danza turbinosa delle pale eoliche stagliate sui colli.
Oltre l’orizzonte dei calanchi
materani, superata la fossa bradanica, nel cuore della Murgia
pugliese sorge Santeramo in Colle, dove abitano Luca e Deborah.
Per
arrivare nel paese ripercorriamo, con qualche variante panoramica, la strada
per Matera, dove l’efficiente e gentilissimo Domenico di BiciSport risolve in un batter d’occhio
e con spesa minima l’annoso problema del deragliatore e di una ruota bucata che
cerchiamo di riparare da Andria.
La provinciale che ci porta a Santeramo si
snoda attraverso le campagne coltivate della depressione premurgiana, dove brulli
terreni sassosi si alternano a suoli di creta rossa cosparsi di germogli e
piccole macchie scure di boschi superstiti, testimonianza delle estese foreste
del passato.
Nell’ameno scenario rurale del
parco nazionale dell’Alta Murgia, tra la trama candida ordita dai richiami
cromatici di muretti a secco, trulli e masserie ad asfodeli e orchidee in
sboccio, si colloca la fascinosa sede dell’associazione culturale Spazio Arte. Fondata da Deborah – un’anima
accesa che sembra traboccare nella sua voce ricca e vibrante – è un dinamico
luogo di aggregazione, convivialità e ospitalità, punto di riferimento per la
scena musicale, artistica e culturale locale, dove sono esposte opere
sorprendenti di amici artisti e si organizzano regolarmente jam session,
concerti, corsi e laboratori creativi.
Assaporato insieme lo spirito
goliardico di festa, d’arte e di condivisione del gruppo di amici di Spazio Arte, Luca ci accompagna alla
scoperta della propria tradizione familiare contadina.
L’incontro con i nonni ci regala uno
spaccato autentico della storia del Sud, un assaggio indimenticabile
dell’ospitalità pugliese e un’ubriacatura memorabile. Nonno Giovanni fa il vino
da quando era bambino e lavorava nelle masserie per imparare l’arte. È un uomo
formidabile, dedito alla terra da una vita, che ispira immediatamente un’aura
di forza e serenità. Ci mostra la cantina casalinga, pulitissima e ben curata, e
ci elargisce soddisfatto il suo vino eccezionale, corposo, fruttato, d’un
rubino intenso, tutto esclusivamente Primitivo, mentre la nonna ci delizia con
ricordi dell’emigrazione e prelibatezze locali, come la ricotta forte, il
fegato arrostito e l’insalata dell’orto.
Percorsi pochi chilometri di
pianura pedemurgiana in direzione della costa, raggiungiamo Sannicandro, dove vivono gli zii di Luca, Mimmo e
Giusy.
Venduto l’appartamento e
abbandonata la vita cittadina, i due intrepidi idealisti hanno scelto di
riavvicinarsi alla natura e dedicare la propria vita alla terra. Hanno perciò
letteralmente piantato la tenda in campagna, si sono rimboccati le maniche e
nel giro di un anno hanno realizzato il loro piccolo-grande miracolo,
ristrutturando i muri a secco che circondano la tenuta, installando pannelli
solari per l’elettricità e l’acqua calda e costruendo una piccola casa di legno
dove stabilirsi definitivamente. L’attività agricola che portano avanti è
fiorente e differenziata: oltre all’orto, alberi da frutto e olivi (da cui si
ricava un delizioso olio, saporito e aromatico), sono presenti galline, capre,
oche e una vivace famigliola di cani. Mimmo e Giusy sognano di ampliare il loro
progetto all’accoglienza di volontari con i loro stessi ideali, con cui poter
condividere un pezzo di terra e di strada. Lavorano perciò all’auto-costruzione
di casette semoventi di legno adatte a ospitare una piccola comunità.
A questa
coppia coraggiosa, dotata di un profondo senso dell’amicizia, di un sincero
spirito d’ospitalità e di una gioiosa voglia di comunità, auguriamo con tutto
il cuore di realizzare i propri sogni.
Ho LeTTo CoN eNTuSiaSMo e CuRioSiTà "SToRie Di oRDiNaRio eRoiSMo" è STaTo CoMe eSSeRCi... GRaZie!
RispondiEliminaeNZo CoRReNTi
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