lunedì 21 aprile 2014

Matera, fucina dell'eco...logia

Se le risorse naturalistiche del Mezzogiorno appaiono spesso tristemente svendute nella complice omertà dell’indifferenza ottusa, dell’ignoranza plaudente e dell’impotenza generalizzata, la più celebre città della Basilicata non ha l’aria di volersi arrendere all’inevitabile o lasciarsi sopraffare impunemente.

Matera, negli anni ’50 simbolo del Meridione povero e vergogna d’Italia, che come il pancione gonfio dei bimbi del Biafra suscitò l’interminabile sproloquio del buonismo massmediatico e la contraddittoria sequela di proclami roboanti e interventismo ad muzzum con cui i poteri forti hanno da sempre liquidato la questione meridionale, Matera, araba fenice cento volte risorta dalle sue ceneri e mille volte dimenticata, Matera vive oggi una nuova primavera, soffusa d’ovattate e sorprendenti forme di rinascita, di fermento giovanile, di attivismo internazionale, d’un vago sapore ribelle e brioso tutto da esplorare.

A Matera la nostra rassegna di storie di ecologia e coraggio si è arricchita di un capitolo memorabile, fitto di personaggi d’eccezione, esperienze significative e amicizie indelebili.
Come siamo arrivati qui è già un romanzo di coincidenze fatali e incontri fulminanti che hanno intricato e dipanato la verde trama del nostro viaggio.


Tutto è cominciato a Gravina, incantevole e sconosciuta gemella pugliese di Matera, dove, attraversata l’Alta Murgia, sostiamo per la notte. Ci accampiamo in un oliveto sulla collina di Petramagna, sperone roccioso che si erge dirimpetto al centro abitato, sull’altra sponda del precipizio boscoso scavato dal torrente Gravina, da cui prendono il nome la città e le fenditure carsiche tipiche della Murgia. Di sera il paese si accende di una miriade di luci, ammantando lo strapiombo buio della gravina d’una cascata di stelle che paiono sospese sotto di noi.











Ripartiti in direzione di Altamura, deviamo improvvisamente verso sud perché «Matera è troppo vicina per non andarci». Come al solito la strada viene incontro ai nostri bruschi cambi di rotta, e alla prima rotonda una bici ci si affianca: è Vito, con una scorta energizzante di frittelle di San Giuseppe e una spinta esagerata che rallenta solo per aprirci il vento. Lo seguiamo in scia nella salita verso Matera, che grazie al suo inarrestabile sprone raggiungiamo in un batter d’occhio.

I ragazzi delle Fucine dell’Eco, centro sociale a cui ci ha indirizzato un amico originario di Matera che vive in giro per il mondo, ci danno appuntamento per la sera al museo Ridola. Così, mentre passeggiamo coi nasi all’insù e le bocche semiaperte per i magici rioni dei Sassi, chiediamo indicazioni sul museo a una vispa donna dal sorriso allegro e i ricci corvini: è – guardacaso! – la responsabile del museo di Palazzo Lanfranchi e soprintendente per i beni storici, artistici ed etnoantropologici della Basilicata, che prontamente ci invita all’inaugurazione della mostra “Restituzioni”, dove si trovano in esposizione le opere del territorio lucano restaurate nel laboratorio del museo. La generosa e intraprendente Marta ci presenta al sindaco di Matera come esempio di un nuovo tipo di turismo a cui la città dovrebbe aprirsi, soprattutto in vista della sua candidatura a Capitale Europea della Cultura 2019.


I ragazzi delle Fucine dell’Eco polemizzano su questa iniziativa, soprattutto per le strumentalizzazioni politiche che ha innescato, interessate a imbandire le solite passerelle e vetrine di comodo piuttosto che affrontare i bisogni reali della città. Il centro sociale, periodicamente sotto la minaccia di sgombro, si fa portavoce di una controcultura di ispirazione anticapitalista ed ecologista che fonda il suo attivismo sui principi di auto-gestione, solidarietà e collaborazione – qui il manifesto della comunità:



Le immagini del centro parlano da sole: varcata la soglia dell’edificio scolastico dismesso da tempo, si entra in un atelier d’arte e cultura dove le creatività si incontrano e si esprimono in uno spazio libero e aperto al confronto e al cambiamento, in un laboratorio di attivismo urbano dove si sperimentano stili di vita alternativi e forme di socializzazione più umane e più responsabili, in una fucina di idee dove si crea e si realizza quotidianamente il sogno di altri futuri possibili.

Tra le attività promosse dalle Fucine dell’Eco, molte si innestano sull’attivismo ambientalista che accomuna diverse realtà associative del panorama sociale materano. Oltre al mercato settimanale di prodotti locali dell’agricoltura biologica, le Fucine organizzano laboratori, eventi culturali e campagne di sensibilizzazione in collaborazione con le reti di CasaNetural e UnMonastery, progetti di co-living e co-working attivi in città, attorno a cui gravitano i nuovi amici che incontriamo a Matera.




Pasquale “Squalo”, che ci offre ospitalità, suona percussioni nello spettacolo “La terra delle arance. Canti e cunti dell'antimafia sociale”, una pièce musical-teatrale che mette in scena insieme a Marco (regista e attore) e Piero (chitarra e voce). Di questo trio spassoso e affiatato abbiamo la fortuna di goderci la performance musicale che accompagna la presentazione del libro di Gianni Palumbo "La vicenda di Giuseppe Camillo Giordano. Frammenti d'Erbario di un botanico romantico".




Galeotto fu ‘l libro! Durante la serata trascorsa a gozzovigliare in allegra compagnia conosciamo infatti anche Juliana, bio-architetto che collabora al progetto AgriNetural, con il quale l’associazione CasaNetural si propone di recuperare gli spazi verdi abbandonati disseminati nella città, creando una serie di orti urbani gestiti a livello comunitario, che possano  fornire prodotti ortofrutticoli locali, riqualificare le aree in disuso nel centro storico e rivitalizzare la socialità urbana - su fb:
https://www.facebook.com/AgriNetural?ref=hl



Un esempio riuscito di riappropriazione e riutilizzo di locali abbandonati è UnMonastery, il prototipo di un progetto sviluppato a livello globale che riunisce a Matera un gruppo di giovani talenti provenienti da tutto il mondo, che mettono a disposizione le proprie competenze a servizio della comunità locale. 

I ragazzi operano in sinergia e in collaborazione con le altre associazioni presenti sul territorio per affrontare le questioni sensibili, individuate insieme alla cittadinanza, riguardanti la realtà materana. Gli unMonk lavorano così come particelle interdipendenti di un organismo efficiente, che pur aspirando all’autosufficienza produttiva ed economica ha come principi fondanti la condivisione, la cooperazione e la comunicazione con l’esterno. 




La storia personale di ogni unMonk è in effetti un universo da scoprire, in cui si intuisce una comune vocazione alla globalità e all’ecologia che ha spinto caratteri diversi a collaborare fianco a fianco per un ideale condiviso. Cristiano,  entusiasta comunicatore con la passione per la meditazione, è il mediatore culturale, facilitatore e anima motrice del gruppo, nonché curatore dei rapporti con l’esterno e instancabile factotum e risolutore di problemi; Ben, mite londinese stregato dall’atmosfera dei Sassi, si occupa di realizzare un piano di sostenibilità basato sull’auto-produzione, la coltivazione, le energie rinnovabili, lo scambio e il riciclo, che renda il progetto un modello di sistema virtuoso, indipendente e alternativo al sistema monetario tradizionale; Marc, conviviale ingegnere della Borgogna votato all’Open Source e all’ambientalismo, elabora una versione di Arduino applicata ai pannelli solari che si auto-orientano seguendo la luce solare; Key, attiva educatrice e artista newyorkese, tiene laboratori di alfabetizzazione informatica, programmazione e produzione video aperti al pubblico; Francesco, loquace farmacista dagli infiniti interessi, lavora a un progetto di gestione delle acque, che comprende il riutilizzo delle acque reflue, la creazione di un impianto di fitodepurazione nella gravina e la diffusione di orti idroponici nei Sassi; dei temi del piano energetico, riciclo e rifiuti si occupa elf, forte ispirazione per gli unMonk, che rifiuta le definizioni convenzionali di nazionalità e nome proprio vivendo ormai da cinque anni senza usare denaro né documenti, lavorando come volontario per progetti di sviluppo sociale. Questo il suo sito: https://wwelves.org/perpetual-tripper


Infine, una bella favola da Matera: http://marcobileddo.blogspot.it/2014/03/e-se-fosse-andata-cosi-fantasie-su.html

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