Se le risorse naturalistiche del
Mezzogiorno appaiono spesso tristemente svendute nella complice omertà
dell’indifferenza ottusa, dell’ignoranza plaudente e dell’impotenza
generalizzata, la più celebre città della Basilicata non ha l’aria di volersi
arrendere all’inevitabile o lasciarsi sopraffare impunemente.
Matera, negli anni ’50 simbolo del
Meridione povero e vergogna d’Italia, che come il pancione gonfio dei bimbi del
Biafra suscitò l’interminabile sproloquio del buonismo massmediatico e la
contraddittoria sequela di proclami roboanti e interventismo ad muzzum con cui
i poteri forti hanno da sempre liquidato la questione meridionale, Matera,
araba fenice cento volte risorta dalle sue ceneri e mille volte dimenticata,
Matera vive oggi una nuova primavera, soffusa d’ovattate e sorprendenti forme
di rinascita, di fermento giovanile, di attivismo internazionale, d’un vago
sapore ribelle e brioso tutto da esplorare.
A Matera la nostra rassegna di storie
di ecologia e coraggio si è arricchita di un capitolo memorabile, fitto di
personaggi d’eccezione, esperienze significative e amicizie indelebili.
Come siamo arrivati qui è già un
romanzo di coincidenze fatali e incontri fulminanti che hanno intricato e
dipanato la verde trama del nostro viaggio.
Tutto è cominciato a Gravina, incantevole e
sconosciuta gemella pugliese di Matera, dove, attraversata l’Alta Murgia, sostiamo
per la notte. Ci accampiamo in un oliveto sulla collina di Petramagna, sperone
roccioso che si erge dirimpetto al centro abitato, sull’altra sponda del
precipizio boscoso scavato dal torrente Gravina, da cui prendono il nome la
città e le fenditure carsiche tipiche della Murgia. Di sera il paese si accende
di una miriade di luci, ammantando lo strapiombo buio della gravina d’una
cascata di stelle che paiono sospese sotto di noi.
Ripartiti in direzione di
Altamura, deviamo improvvisamente verso sud perché «Matera è troppo vicina per
non andarci». Come al solito la strada viene incontro ai nostri bruschi cambi
di rotta, e alla prima rotonda una bici ci si affianca: è Vito, con una scorta
energizzante di frittelle di San Giuseppe e una spinta esagerata che rallenta
solo per aprirci il vento. Lo seguiamo in scia nella salita verso Matera, che
grazie al suo inarrestabile sprone raggiungiamo in un batter d’occhio.
I ragazzi delle Fucine
dell’Eco, centro sociale a cui ci ha indirizzato un amico originario di
Matera che vive in giro per il mondo, ci danno appuntamento per la sera al
museo Ridola. Così, mentre passeggiamo coi nasi all’insù e le bocche semiaperte
per i magici rioni dei Sassi, chiediamo indicazioni sul museo a una vispa donna
dal sorriso allegro e i ricci corvini: è – guardacaso! – la responsabile del
museo di Palazzo Lanfranchi e soprintendente per i beni storici, artistici ed
etnoantropologici della Basilicata, che prontamente ci invita all’inaugurazione
della mostra “Restituzioni”, dove si trovano in esposizione le opere del
territorio lucano restaurate nel laboratorio del museo. La generosa e intraprendente
Marta ci presenta al sindaco di Matera come esempio di un nuovo tipo di turismo
a cui la città dovrebbe aprirsi, soprattutto in vista della sua candidatura a Capitale Europea della Cultura 2019.
I ragazzi delle Fucine
dell’Eco polemizzano su questa iniziativa, soprattutto per le strumentalizzazioni
politiche che ha innescato, interessate a imbandire le solite passerelle e
vetrine di comodo piuttosto che affrontare i bisogni reali della città. Il
centro sociale, periodicamente sotto la minaccia di sgombro, si fa portavoce di
una controcultura di ispirazione anticapitalista ed ecologista che fonda il suo
attivismo sui principi di auto-gestione, solidarietà e collaborazione – qui il
manifesto della comunità:
Le immagini del centro parlano da sole: varcata la soglia dell’edificio scolastico dismesso da tempo, si entra in un atelier d’arte e cultura dove le creatività si incontrano e si esprimono in uno spazio libero e aperto al confronto e al cambiamento, in un laboratorio di attivismo urbano dove si sperimentano stili di vita alternativi e forme di socializzazione più umane e più responsabili, in una fucina di idee dove si crea e si realizza quotidianamente il sogno di altri futuri possibili.
Tra le attività promosse dalle
Fucine dell’Eco, molte si innestano sull’attivismo ambientalista che accomuna
diverse realtà associative del panorama sociale materano. Oltre al mercato
settimanale di prodotti locali dell’agricoltura biologica, le Fucine
organizzano laboratori, eventi culturali e campagne di sensibilizzazione in
collaborazione con le reti di CasaNetural
e UnMonastery, progetti di
co-living e co-working attivi in città, attorno a cui gravitano i nuovi amici
che incontriamo a Matera.
Pasquale “Squalo”, che ci offre ospitalità, suona percussioni nello spettacolo “La terra delle arance. Canti e cunti dell'antimafia sociale”, una pièce musical-teatrale che mette in scena insieme a Marco (regista e attore) e Piero (chitarra e voce). Di questo trio spassoso e affiatato abbiamo la fortuna di goderci la performance musicale che accompagna la presentazione del libro di Gianni Palumbo "La vicenda di Giuseppe Camillo Giordano. Frammenti d'Erbario di un botanico romantico".
Galeotto fu ‘l libro! Durante la
serata trascorsa a gozzovigliare in allegra compagnia conosciamo infatti anche Juliana, bio-architetto che collabora
al progetto AgriNetural,
con il quale l’associazione CasaNetural si propone di recuperare gli spazi
verdi abbandonati disseminati nella città, creando una serie di orti urbani
gestiti a livello comunitario, che possano
fornire prodotti ortofrutticoli locali, riqualificare le aree in disuso nel
centro storico e rivitalizzare la socialità urbana - su fb:
https://www.facebook.com/AgriNetural?ref=hl
https://www.facebook.com/AgriNetural?ref=hl
I ragazzi operano in sinergia e in
collaborazione con le altre associazioni presenti sul territorio per affrontare
le questioni sensibili, individuate insieme alla cittadinanza, riguardanti la
realtà materana. Gli unMonk lavorano così come particelle interdipendenti di un
organismo efficiente, che pur aspirando all’autosufficienza produttiva ed
economica ha come principi fondanti la condivisione, la cooperazione e la
comunicazione con l’esterno.
La storia personale di ogni unMonk è in effetti un universo da scoprire, in cui si intuisce una comune vocazione alla globalità e all’ecologia che ha spinto caratteri diversi a collaborare fianco a fianco per un ideale condiviso. Cristiano, entusiasta comunicatore con la passione per la meditazione, è il mediatore culturale, facilitatore e anima motrice del gruppo, nonché curatore dei rapporti con l’esterno e instancabile factotum e risolutore di problemi; Ben, mite londinese stregato dall’atmosfera dei Sassi, si occupa di realizzare un piano di sostenibilità basato sull’auto-produzione, la coltivazione, le energie rinnovabili, lo scambio e il riciclo, che renda il progetto un modello di sistema virtuoso, indipendente e alternativo al sistema monetario tradizionale; Marc, conviviale ingegnere della Borgogna votato all’Open Source e all’ambientalismo, elabora una versione di Arduino applicata ai pannelli solari che si auto-orientano seguendo la luce solare; Key, attiva educatrice e artista newyorkese, tiene laboratori di alfabetizzazione informatica, programmazione e produzione video aperti al pubblico; Francesco, loquace farmacista dagli infiniti interessi, lavora a un progetto di gestione delle acque, che comprende il riutilizzo delle acque reflue, la creazione di un impianto di fitodepurazione nella gravina e la diffusione di orti idroponici nei Sassi; dei temi del piano energetico, riciclo e rifiuti si occupa elf, forte ispirazione per gli unMonk, che rifiuta le definizioni convenzionali di nazionalità e nome proprio vivendo ormai da cinque anni senza usare denaro né documenti, lavorando come volontario per progetti di sviluppo sociale. Questo il suo sito: https://wwelves.org/perpetual-tripper
Infine, una bella favola da Matera: http://marcobileddo.blogspot.it/2014/03/e-se-fosse-andata-cosi-fantasie-su.html
La storia personale di ogni unMonk è in effetti un universo da scoprire, in cui si intuisce una comune vocazione alla globalità e all’ecologia che ha spinto caratteri diversi a collaborare fianco a fianco per un ideale condiviso. Cristiano, entusiasta comunicatore con la passione per la meditazione, è il mediatore culturale, facilitatore e anima motrice del gruppo, nonché curatore dei rapporti con l’esterno e instancabile factotum e risolutore di problemi; Ben, mite londinese stregato dall’atmosfera dei Sassi, si occupa di realizzare un piano di sostenibilità basato sull’auto-produzione, la coltivazione, le energie rinnovabili, lo scambio e il riciclo, che renda il progetto un modello di sistema virtuoso, indipendente e alternativo al sistema monetario tradizionale; Marc, conviviale ingegnere della Borgogna votato all’Open Source e all’ambientalismo, elabora una versione di Arduino applicata ai pannelli solari che si auto-orientano seguendo la luce solare; Key, attiva educatrice e artista newyorkese, tiene laboratori di alfabetizzazione informatica, programmazione e produzione video aperti al pubblico; Francesco, loquace farmacista dagli infiniti interessi, lavora a un progetto di gestione delle acque, che comprende il riutilizzo delle acque reflue, la creazione di un impianto di fitodepurazione nella gravina e la diffusione di orti idroponici nei Sassi; dei temi del piano energetico, riciclo e rifiuti si occupa elf, forte ispirazione per gli unMonk, che rifiuta le definizioni convenzionali di nazionalità e nome proprio vivendo ormai da cinque anni senza usare denaro né documenti, lavorando come volontario per progetti di sviluppo sociale. Questo il suo sito: https://wwelves.org/perpetual-tripper
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