giovedì 22 maggio 2014

Canapuglia e Urupia: viaggio attraverso l'utopia realizzata

Salutiamo la Puglia con un ultimo – per ora – itinerario coast to coast da Bari a Taranto, che ci regala ciclo-incontri emozionanti e tocca due mete fondamentali nella nostra rassegna di storie di ecologia e coraggio: l’associazione Canapuglia, che ha sede a Conversano, e la comune di Urupia, situata nelle campagne tra Francavilla Fontana e San Marzano.


Da un lato la brillante iniziativa intrapresa tre anni fa da un gruppo di giovani pugliesi, che hanno scommesso il proprio futuro in una sfida all’insegna dell’ecologia; dall’altro una comunità di ispirazione anarchica fondata nel 1995 da avanguardisti salentini e tedeschi, che in vent’anni di attivismo si è distinta come faro e modello per eco-villaggi e comunità intenzionali in Italia e in Europa.

Queste due esperienze, tra loro estremamente diverse, incarnano la filosofia di vita di una stessa green wave, che, pur dispiegandosi in una ricca gamma di stimoli e sfumature, si connota in entrambe come ricerca – quotidiana, tenace, convinta e continua – di una modalità alternativa, più libera, più sana, più responsabile, più sostenibile, di concepire le basi della società e dell’economia: la produttività, declinata negli ideali di autosufficienza, auto-produzione, sostenibilità; il commercio, inteso come scambio, ridistribuzione di ricchezza, solidarietà; il lavoro, che diventa autogestione e impegno sociale, finalizzato innanzitutto al benessere della propria comunità, dell’ambiente, del pianeta concepito come simbiosi di organismi viventi, dove ogni scelta, ogni azione, ogni respiro, ha una ricaduta sul funzionamento dell’intero insieme e di tutte le parti che lo compongono.

Partiamo da Bari, che il tiepido abbaglio della primavera inguaina d’un velo nuziale di zagare e gelsomino, d’un candido strascico di semola e orecchiette stese al sole, d’un fresco fruscio di pizzi e bucato che ammanta d’un lieve palpito d’aria e nuvola le lunghe lingue azzurre di cielo srotolate tra i vicoli imbiancati.


Puntiamo a Sud costeggiando la statale litoranea: in Puglia le strade a scorrimento veloce sono dotate di vie laterali di servizio perfette per le esigenze dei ciclisti. Sostando a goderci il fresco alito del mare sulla ciclabile di Mola di Bari, vediamo avvicinarsi una coppia di ciclisti che guardano a occhi sgranati la nostra bicicletta, pedalando all’unisono vicinissimi l’uno all’altra: ebbene sì, è il nostro primo incontro con un altro tandem!


Situato sui primi rilievi delle Murge Basse, Conversano si raggiunge con una breve deviazione nell’entroterra che riserva interessanti sorprese: un ricco centro storico; una fornitissima pro-loco nella piazza del castello dove reperire tutte le informazioni necessarie per prepararsi alla scoperta del territorio pugliese; la riserva naturale dei laghi, che preserva un particolare habitat endemico legato al carsismo dell’ambiente (nella foto, la coda di un geco tra le pietre di un muretto a secco).


Il motivo che ci richiama in questa ridente cittadina è però un altro: a Conversano ha sede Canapuglia, un’associazione ambientalista fondata da Claudio e Ilaria, che ci accolgono e ci ospitano nel sorprendente laboratorio dove è esposta e illustrata in dettaglio l’affascinante storia della canapa. Il progetto, portato avanti dall’intraprendente coppia in collaborazione con un gruppo di giovani amici, si propone di rivalutare la canapa come risorsa ecocompatibile utilissima per l’ambiente, l’uomo e l’economia, che, oggetto di una vera e propria campagna di demonizzazione, è stata stigmatizzata e dimenticata per lungo tempo a favore di fonti energetiche non rinnovabili né biodegradabili.


Claudio ci racconta del vertiginoso sviluppo della sua idea, dalla folgorazione che l’ha colpito leggendo un libro sulla storia della canapa, alla vincita del bando Principi Attivi promosso dalla regione Puglia. «Nel 2011 è stato fatto il primo passo, con la semina del primo ettaro a canapa nella nostra regione; poi abbiamo inventato Delizie di Canapa proponendo tante specialità della cucina pugliese e italiana prodotte con derivati dei semi di canapa e ingredienti rigorosamente naturali e biologici. È stato un vero successo, siamo riusciti a creare un network di agricoltori e aziende che aderiscono all’iniziativa. I vantaggi sono evidenti: è una pianta che non ha bisogno di concimi né di parassitari, arricchisce il terreno e ha tantissimi utilizzi». 
Basta entrare a Canapuglia per farsi un’idea delle mille forme che questa straordinaria pianta può assumere e dei molteplici materiali in cui può essere trasformata: tra pannelli espositivi di compensato di canapa e stampe di carta di canapa appese sulle pareti decorate di mattoni di calce e canapa e da tende di cordoli di fibra di canapa, ci vengono serviti tarallini di farina di canapa in sfiziose barchette di bio-plastica di canapa…Il potenziale della pianta sembra essere infinito: da fibra e cellulosa di canapa si ricavano filati e tessuti resistenti e traspiranti, carta e plastica organica; il canapulo (la parte legnosa del fusto) trova impiego come pellet e nel settore della bio-edilizia; in campo alimentare semi, olio e farina risultano dotati di ottime qualità nutrizionali. Ilaria, laureata in psicologia, ci illustra invece l’uso terapeutico delle infiorescenze: «Nonostante a livello internazionale sia diffusa e comprovata l’efficacia delle terapie che prevedono l’utilizzo di farmaci naturali a base di canapa, in Italia il suo riconoscimento in campo medico fatica a decollare. Non esiste una normativa chiara, la richiesta deve partire dai pazienti e seguire determinati iter burocratici prescritti dalle singole regioni (per informazioni: http://www.canapuglia.it/ilaria/)».



Un progetto coraggioso, connubio azzeccato di originalità e lungimiranza, che se da un lato si ispira agli ideali della tutela dell’ambiente, del benessere dell’uomo e delle buone pratiche dello scambio, della condivisione e della rete virtuosa, dall’altro risponde con un’alternativa efficiente alla disoccupazione giovanile e alla crisi del modello tradizionale dell’economia capitalista, creando ricchezza, produttività e sostenibilità in un’ottica equa e solidale.

La rete di Canapuglia ci avvince subito tra le sue verdi maglie: qui conosciamo infatti Jean Paul, che ci apre le porte del suo accogliente bed and breakfast ad Alberobello, base perfetta per esplorare la Val d’Itria. Riposati e rifocillati, riguadagniamo poi la via della costa a Polignano a mare, un intreccio candido di lucidi vicoli acciottolati, che si affacciano sulle ventose scogliere smeraldine nell’elegante respiro di bianche terrazze balaustrate.


È d’obbligo, dicono, mangiarsi un gelato; non ce lo facciamo ripetere due volte.


E sotto l’affettuoso abbraccio della statua di Modugno, ci sembra di volare sulle ali blu di una ciclo-carovana quando incontriamo una stupenda famiglia francese in vacanza in bicicletta. La bimba, che viaggia ancora comodamente seduta nel carrello trainato dal padre, non vede l’ora di imitare il vispo fratellino maggiore, che già pedala davanti alla madre nel posto anteriore, reclinato, del loro tandem. Questo il blog di Vanessa e Olivier, due avventurosi genitori sprint: http://europe-en-roue-libre.eklablog.com/



La costa pugliese continua a sorprenderci con spettacolari fioriture che ricamano le dune sabbiose d’uno scintillante tappeto variopinto srotolato fin sul limitare della battigia. Ecco la spiaggia di Porto Ghiacciolo, una tranquilla baia dove ci accampiamo appena sorpassato il grazioso borgo costiero di Monopoli:





Pochi chilometri a sud, il litorale adriatico si rivela in tutto il suo smagliante rigoglio primaverile nella riserva naturale di Torre Guaceto, dove facciamo il primo bagno salato dell’anno. L’area protetta comprende diverse zone di interesse naturalistico: gli spettacolari fondali, popolati di praterie di posidonia oceanica e d’anfratti rocciosi di coralligeno; l’ambiente umido, dove gli stagni salmastri si incontrano e si fondono con risorgive d’acqua dolce; l’entroterra coltivato, sede di un parco agricolo istituito per tutelare gli oliveti secolari. Il progetto “Oro del Parco” si prefigge di incentivare l’agricoltura biologica all’interno della riserva e di valorizzarne le risorse e le tradizioni contadine locali, commercializzando sotto marchio protetto l’olio biologico e il pomodoro Fiaschetto, presidio Slow Food, e creando un consorzio di pescatori che rispetta i vincoli paesaggistici praticando metodi di pesca sostenibile all’esterno dell’area protetta.






Da Torre Guaceto una rapida pedalata tra campagne e masserie dell’Alto Salento ci conduce finalmente a Urupia, comune anarchica che festeggia l’anno prossimo il ventennale della sua fondazione. Ci accoglie un clima disteso e familiare. Nell’apparente tranquillità della sera, i rumori ovattati dal tramonto svelano il lento smorzarsi della febbrile attività quotidiana di cui freme la vita di campagna: i rochi richiami delle galline che si acquattano assopite nel pollaio, lo scalpiccio gaio di scarpe infantili che corrono sul selciato, il rintocco sordo di scarponi infangati battuti a terra prima di rincasare dai campi, il cozzare sommesso di pentole e stoviglie preparate per la cena imminente. Stasera dietro ai fornelli c’è Gianfranco, sorriso sornione e occhi vispi, un uro in carne e ossa (e linfa d’ulivo). È una delle comunarde storiche, come si definiscono qui i membri della comune, usando il femminile con chiari intenti ideologici. Urupia nasce infatti innanzitutto come progetto politico, che rifiuta in primis qualsiasi tipo di gerarchia e di discriminazione, ritenendo ogni mansione ugualmente importante e trattando le diversità come risorsa e ricchezza. Gianfranco ci guida attraverso le perle dell’organizzazione produttiva che sostiene la comunità: il forno, la cantina, l’impianto di fitodepurazione. Rimaniamo piacevolmente impressionati dalla vasca fitta di bambù svettanti che depurano le acque di tutti gli scarichi della comune, che vengono riutilizzate per irrigare i campi: attivato già nel 1996, è stato il primo impianto di fitodepurazione di questo genere realizzato in Italia.


Le acque reflue, prima e dopo:
















Nell’ottica della rinnovabilità e dell’autosufficienza energetica, sono presenti anche un impianto fotovoltaico e una centrale termica integrata solare-biomasse, che si alimenta sia con pannelli solari sia con nocciolino di sansa e legna. Ci spiega Gianfranco: «L’autosufficienza non è l’obiettivo primario da raggiungere, cerchiamo piuttosto di valutare le risorse che il territorio ci offre e di creare collaborazioni e reti di scambio e baratto. Il nostro terreno è votato alla vigna e all’ulivo, che sono diventate perciò le nostre principali produzioni; per alcune cose, come il grano, abbiamo stretto amicizie e accordi con agricoltori locali. Dopo anni di dibattiti e titubanze abbiamo istituito la Cooperativa La Petrosa, attraverso cui commercializziamo i nostri prodotti [soprattutto olio, vino, pane e delizie del forno come frise, taralli e biscotti] nei gas locali e in circuiti del mercato equo e solidale del nord Italia».


La nuova sfida che Urupia affronta attualmente è l’apertura di una scuola gestita dalle comunarde, che offra ai propri bambini e a tutte le famiglie interessate un’ “educazione libertaria” fondata sui principi che ispirano la convivenza nella comune. Urupia si conferma così come laboratorio sociale di realtà alternative al modello dominante, i cui cardini fondamentali sono il principio del consenso, cioè l’unanimità delle decisioni, e la proprietà collettiva, cioè l’abolizione della proprietà privata.
È offerta a tutti l’opportunità di sperimentare in prima persona come si vive nell’utopia: l’ospitalità è una pietra miliare della quotidianità di Urupia.

Contatti nel loro blog: http://urupia.wordpress.com
Una bella presentazione della comune: 

Il cerchio si chiude a Taranto, strozzata tra due mari, che delle città di mare condivide il destino meraviglioso e atroce, alcova di bellezze, sfide e guai che la lambiscono, la travolgono e l’abbandonano in un attimo come per il capriccio ingenuo e incostante d’un’onda sul bagnasciuga.



Non vi stiamo a raccontare delle dita di rosa della nube rugginosa dell’Ilva che irradia d’una patina ramata gli intonaci, i guard rail e i polmoni dei tarantini, o del ponte girevole e del lungomare di agavi e ficus, ma di ciò che più d’ogni altra cosa i porti di mare regalano ai propri affezionati visitatori: un nuovo incontro con viaggiatori ancora una volta sbalorditivi. Si tratta di Louis e Douglas, due giovanissimi amici francesi che con il loro Mare Nostrum Project viaggiano in kayak da Gibilterra a Istanbul lungo le coste del Mediterraneo. «Braccia di ferro e sapore di sale», così li descrivono, ed è davvero una sferzata di energia incontrare questi curiosi e appassionati globetrotter che ci rincorrono nei vicoli di Taranto vecchia per presentarsi: autentici godimundi, aitanti, gentili ed entusiasti, due sognatori con il cuore in mano!


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