martedì 18 febbraio 2014

Controvento verso sud

Partire è un po’ morire, recita un vecchio adagio. Perché partire da casa ha il rumore sconcertante di radici divelte, del fiume che ti saluta con voce suadente, della mamma che ti richiama dalla finestra per lanciarti, come colpi bassi, le ultime raccomandazioni, che ti strappano lacrime che credevi prosciugate.

Partire in bicicletta, però, è tutta un’altra storia. Si pedala un’ora o due e ancora sentiamo l’eco dei rimproveri materni, ci segue affettuoso il profilo familiare dei nostri monti, il capo nero del Ferrato, la spalla nuda dello Spazzavento, la schiena sinuosa della Retaia; allora si fa il giro lungo per salutare il tiglio che fruscia dolce e malinconico, per salutare il Bisenzio che boccheggia lento e triste, per salutare Prato che in fondo un po’ ci mancherà.

Ma è un addio allegro: il sole splende fin dal mattino, e già a Castelnuovo ci fermiamo a salutare Lorenzo, Oliva e la loro piccola, stupenda Lara.


Abbiamo conosciuto Lorenzo e Oliva un bel giorno d’estate di qualche anno fa, come al solito per caso, all’imboccatura della grotta di Fonte Buia. Con i loro amici François e una ragazza delle Galapagos siamo entrati insieme nei cunicoli della caverna, suggellando con un’umida e festosa esplorazione la nostra fresca e spontanea amicizia.

Soltanto qualche settimana fa ci siamo imbattuti nuovamente in Lorenzo, che ci ha fatto scoprire di non essere i primi abitanti di Prato a tentare un’impresa simile, il giro del mondo in tandem. Infatti, a dimostrazione che nel guazzabuglio del singolare e variopinto popolo di Prato tutto è stato tentato – e che gli incontri non avvengono mai per caso – siamo venuti a sapere che anche Lorenzo e François partirono da Prato e arrivarono fino in India in sella a un tandem.
Lorenzo non ha mai abbandonato la sua passione per la bicicletta, che ha recentemente messo a frutto con un’altra brillante iniziativa: ha infatti attivato un servizio di eco-posta in bicicletta che recapita lettere, dispacci e pacchi in tutto il territorio di Prato, Calenzano, Campi Bisenzio e Poggio a Caiano a costi modici e senza spese per l’ambiente.

Questo è il suo sito: http://www.ecopostaprato.it/
La sua pagina facebook: https://www.facebook.com/EcopostaPrato

Oliva ci prepara un corroborante chai speziato e così ripartiamo rinfrancati e spensierati verso sud.
Abbiamo appuntamento per il weekend a Nomadelfia, comunità nel grossetano, perciò nei primi giorni di viaggio bruciamo le tappe, attraversiamo la Toscana controvento e arriviamo sabato sera a destinazione completamente sciroccati.
Tutto sommato – e nonostante il vento – la strada si dipana piana e scorrevole.

Fin dalla Valdarno ci soffermiamo a osservare le istallazioni per le energie rinnovabili, che sono ormai comunemente diventate elementi integranti dei paesaggi rurali, con effetti molteplici e di diverso impatto.
Qualche scatto a confronto: a sinistra, pannelli solari a tutto campo nella zona industriale di Pontedera; a destra, un piccolo impianto sulle colline pisane istallato a sfruttare la naturale inclinazione del terreno per la massima esposizione.








Ancora, il tetto a pannelli solari della chiesa di Follonica e i pannelli fotovoltaici dell’ospedale di Empoli: certo scelte diverse per esigenze diverse.



Sull’ospedale di Empoli i passanti che intervistiamo esprimono tutti un giudizio positivo: «Funziona, qui i soldi li hanno spesi bene, non come si sente dire altrove. Ora stanno ristrutturando anche l’ospedale vecchio, che l’avevano costruito un po’ “alla brezza”, come si dice qui a Empoli. Quello nuovo è bello, sì, speriamo di non entrarci mai!»






Un ulteriore confronto, emblematico di quanto queste opere assumono aspetti e caratteristiche differenti a seconda del contesto territoriale in cui sono inserite: sopra, le pale eoliche sullo Scolmatore D’Arno, tra i lotti industriali di Pontedera; sotto, una fila di pale eoliche e un impianto per biogas sulla provinciale costiera che fiancheggia il panorama delle colline pisane.





Infine, un altro incontro a caso davanti a un baretto sperduto sulla scorciatoia di campagna diretta a Braccagni: dalle porte a vetri esce un ometto di una certa età, contempla il nostro tandem con un cipiglio divertito ed esclama: «Ah, il mio amico Picchio li sa fare bene le biciclette!» Ci si svela così Irio Tommasini, noto meccanico della Mapei che ha preparato le bici di generazioni di campioni.

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