Nomadelfia è un villaggio comunitario di circa 350 abitanti, barbicato sui poggi verdeggianti
che sorgono al confine tra la valle dell’Ombrone e la Maremma grossetana.
Il
nome significa, dal greco, “Legge di Fraternità”, e su questo principio,
ispirato ai valori della fede cattolica, si basa la convivenza dei nomadelfi,
seguaci degli insegnamenti e dell’esempio di don Zeno Saltini, che fondò il
primo nucleo della comunità nel 1947, occupando un ex campo di concentramento
in provincia di Modena.
Paolo
è il ragazzo gioviale e affabile che si occupa della nostra accoglienza; è il
postulante attualmente incaricato delle visite, e ci guida attraverso la storia
e il territorio di Nomadelfia insieme al gruppo scout ospitato dalla comunità
in questi giorni. Ci spiega innanzitutto cosa vuol dire essere un postulante: «Entrare
a far parte di Nomadelfia comporta una scelta di vita ben precisa, perciò
chiunque vuole diventare nomadelfo, anche chi, come me, è nato qui, deve
superare un periodo di prova di tre anni – che è appunto il postulantato – per
poter diventare membro effettivo della comunità.»
Nomadelfia, infatti, si
propone come un modello sociale e produttivo fondato su precisi principi
fondamentali condivisi da tutti i membri: la condivisione comunitaria e la
comunione di tutti i beni (non esiste la proprietà privata e non circola
denaro); l’apertura dei gruppi familiari all’accoglienza di figli in affido; la
disponibilità di ognuno ad impegnarsi nelle attività lavorative necessarie alla
comunità senza percepire alcun compenso economico; l’adesione alla fede
cattolica.
La
cosa che innanzitutto ci colpisce di Nomadelfia è l’efficienza con cui viene
amministrata l’organizzazione della terra, del lavoro e dei gruppi familiari,
certamente il risultato auspicabile ma non scontato del lungo periodo di
permanenza della realtà su questo territorio, in cui è insediata dal 1954.
Paolo ci mostra i 300 ettari sui quali la comunità si estende dal punto di
osservazione installato sul poggio più alto di Nomadelfia, dove una croce
illuminata domina tutta la pianura circostante.
Ampi tratti di bosco, in cui
predominano le querce – sughere, lecci e roverelle – tingono di verde cupo le
dolci colline che circondano i campi coltivati. Le costruzioni che costellano
il paesaggio di macchie colorate sono limitate e sobrie.
Si
percepisce immediatamente, come ci conferma Paolo, che la principale attività
dei nomadelfi è l’agricoltura, qui biologica con certificazione CCPB. La
produzione agricola in loco, che comprende olio, vino, latte, formaggio, carne,
ortaggi, frutta e uova (oltre che il fieno e il mangime per le mucche da latte)
copre l’80% del fabbisogno alimentare interno.
La divisione del lavoro segue il principio egualitario “né servi né padroni”:
tutti gli abitanti idonei svolgono a turno determinate attività, come la
guardia notturna, la gestione della stalla e la mungitura, l’accompagnamento
dei visitatori; tutta la popolazione partecipa ai “lavori di massa”, come le
incombenze stagionali nei campi (potatura, vendemmia, raccolta delle olive) e
la manutenzione delle infrastrutture. L’autosufficienza è un obiettivo
perseguito a tutti i livelli. Sono infatti presenti e attivi propri laboratori,
quali caseificio, cantina, officina meccanica, falegnameria, sartoria,
tipografia, uffici, scuole, e perfino un’emittente televisiva interna; in campo
energetico i pannelli solari istallati a terra e sui tetti forniscono i due
terzi dell’elettricità consumata; l’acqua per l’irrigazione è garantita dalla
diga che i primi nomadelfi costruirono a monte della comunità.
Al
Poggetto ci accoglie un clima familiare di serena convivialità e collaborazione
che ci mette subito a nostro agio. Il cibo, che ci viene offerto con il piacere
e l’orgoglio di condividere i propri prodotti d’eccellenza, è genuino e
squisito: il vino, l’olio, il formaggio, le verdure, la carne delle mucche allevate
al brado, il latte munto a turno da tutti i nomadelfi. «La prima cosa che si
impara qui è a mungere», dice Lorenzo, «tutti, dal presidente all’ultimo
arrivato, fanno il loro turno nella stalla.»
Nei
momenti collettivi di vita comunitaria siamo sempre circondati da una vivace
mescolanza di età e di ruoli che ci fa percepire l’effettiva partecipazione dell’intero
popolo di Nomadelfia ad un’unica e autentica famiglia allargata. I vecchi,
anima storica del gruppo, raccontano aneddoti sulle origini di Nomadelfia;
rievocano le eroiche fatiche affrontate dai fondatori per costruire la diga e dissodare
la terra pietrosa; commentano la bontà del lardo speziato che si usa nelle loro
zone d’origine. Beppo, arzillo settantenne emiliano, ci dona un campione e la
ricetta della sua crema alla propoli, elencandone gli infiniti benefici. I
ragazzi, intanto, alacri e premurosi, servono in tavola, osservandoci
incuriositi. I bambini giocano tranquilli e festosi, contendendosi l’attenzione
e le carezze di tutti.
La
gentilezza nei confronti dei bambini è assoluta e generalizzata. In questo
tratto dei nomadelfi si intuisce la sostanziale eredità recepita da don Zeno,
che diede vita alla comunità adottando un ragazzino appena uscito dal carcere. L’importanza
attribuita all’infanzia viene così descritta da una postulante: «Andando all’università
mi sono accorta che Nomadelfia offre grandi opportunità ai suoi figli, di
conoscere, sperimentare, viaggiare. Non c’è una separazione netta tra scuola e
lavoro, ma gli studenti sono istruiti a diretto contatto con gli ambienti
professionali e attraverso gite culturali, oltre che nelle materie tradizionali,
nella storia di Nomadelfia e nell’etica propria della comunità. Ogni estate
inoltre tutti i bambini e i ragazzi, accompagnati da parecchi adulti, partono
insieme per visitare una regione di anno in anno diversa, dove mettono in scena
spettacoli itineranti di acrobazie e danze popolari, con cui si diffonde l’esperienza
e il messaggio di Nomadelfia. È una grande occasione di esplorare nuovi luoghi,
conoscere tante persone e divertirsi. Si muovono 150 persone che campeggiano
tutte insieme, così fin da bambini si ha la possibilità di assaporare il senso
di divertimento e avventura del viaggio, che tanti miei coetanei invece non
hanno mai vissuto.» Ne abbiamo una prova alla festa di carnevale, a cui prende
parte l’intera popolazione e dove i bambini sono assoluti protagonisti, entusiasti
partecipanti dei giochi organizzati e animati dai più grandi apposta per loro:
la corsa, il tiro alla fune, l’albero della cuccagna.
Sono
le risate dei bambini e la loro evidente felicità di vivere sempre insieme
nella comunità che ci restano più impresse di questa esperienza. Nomadelfia rappresenta
un modello do convivenza che può insegnare molto sulla condivisione comunitaria,
la divisione del lavoro e l’accoglienza di ospiti e bambini in affidamento.
ciao....da Nomadelfia ;)
RispondiEliminaVorrei fare un esperienza di vita nella vostra comunità. Come fare
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EliminaAnche a me piacerebbe fare un'esperienza di qualche mese a Nomadelfia - magari approfittando dell'estate - potreste spiegarmi come fare? Grazie! Contattatemi alla mia email: fabio.cingolani@gmail.com
RispondiEliminaMi piacerebbbe vivere a nomadelfia
RispondiEliminanon ce la faccio piu e soffro la solitudine chi è nella mia situazione x ttrovare insieme forza e via di uscita?
RispondiEliminarik2010@hotmail.it
ti capisco
Eliminaio vorrei venire oggi vivo in un paese troppo ateo e razzista e non trovo nessuno come me vorrei venire a vivere li
RispondiEliminaMi piacerebbe sapere qual è la via per entrare nella vostra famiglia in attesa distinti saluti manuel René
RispondiEliminaCiao , sono Rossella e mi piacerebbe sapere come fare per poter vivere con la mia famiglia a nomadelfia. La mia mail è derosarossella0@gmail.com ...Grazie
RispondiEliminaCiao,sono Luisa e vorrei sapere cosa fare per poter vivere a Nomadelfia.
RispondiEliminaLa mia mail è Luisa.cairo@libero.it
Grazie1000
come si fa ad entrare?
RispondiEliminasalve
RispondiEliminaSalve vorrei sapere se è possibile entrare nella vostra comunità
RispondiEliminaSalve vorrei sapere se è possibile entrare nella vostra comunità la mia email e serendipitgr46003@gmail.com
RispondiEliminaSALVE VORREI SAPERE QUANDO SI PUÒ VISITARE NOMADELFIA MAGARI NEL WIKEND E SE TUTTO QUESTO HA UN COSTO
RispondiEliminasono un ragazzo umbro di orvieto,ho sempre immaginato una società senza i soldi o meglio al posto dei soldi ognuno mette in campo il proprio talento,il proprio aiuto,manualità,intelligenza..insomma tutti al servizio di tutti. non sapevo che gia esisteva una realtà come Nomadelfia..l ho scoperta per caso su internet. l ho subito detto a mia moglie e anche lei non sapeva nulla dell esistenza di voi,gia mi faceva domande ..ma come fanno a...e come fanno con la scuola ... e quant altro. vorrei tanto portare lei e le mie due figlie piccole a visitare la comunità, come bisogna fare? la mia mail è ..tosasgiardinaggi@alice.it
RispondiEliminaDa un pomeriggio di buio ... mi è arrivata una vostra intervista.
RispondiEliminaForse è la risposta che da sempre cercavo.
Chissà come sarebbe arricchire la mia anima della vostra luce.
Mi piacerebbe venire tanto per iniziare a fare una vacanza.. per conoscere la comunità da vicino la mia email rossanamar@libero.it. sperando finisca presto la pandemia...
RispondiEliminaCiao sono Sofia mi piacerebbe venire a stare con voi qualche giorno no come vacanza ma poter lavorare con voi per poter assaporare di uovo il vivere in comunità.
RispondiEliminaVorrei fare un'esperienza a Nomadelfia, come posso fare?
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