venerdì 21 febbraio 2014

Il lago dell'Accesa


Narra la leggenda che in quella florida regione dove le colline metallifere affondano i loro ultimi artigli affusolati nel pelo ispido e arruffato della Maremma grossetana, vivesse un tempo una famiglia di ricchi possidenti terrieri avari e meschini.  La loro ipocrita avidità raggiunse il culmine in un’estate benedetta che un mare di spighe succulente mai visto prima inondava delle sue onde d’oro tutta la valle. I malandrini pensarono bene di sfruttare il lavoro dei mietitori a loro servizio dedicando le fatiche dell’abbondante raccolto alla patrona Sant’Anna. Ma la santa non assistette impassibile all’abuso antiproletario perpetrato in suo nome, e affondò ogni cosa, podere, possidenti, terre e spighe in un profondissimo specchio d’acqua cristallina che riflettesse la sua purezza meglio di un lago dorato di grano.

Così nacque il lago dell’Accesa, che si dice non avere fondo e dove avrebbe trovato dimora un coccodrillo abbandonato da un incauto collezionista d’esotismi.

Si può non visitare un posto così?

In effetti, sono anni che voglio andare al lago dell’Accesa, da quando cioè Alessandro me ne decanta lodi sperticate con il suo solito tono pacato e realista: «No, come si fa a non essere mai andati all’Accesa! È un posto troppo esagerato, l’acqua ti dà un’energia che ti fa frizzare tutta la colonna vertebrale fino alla testa…»

Insomma, mi pregusto la magia di questo luogo da troppo tempo ormai, e man mano che si avvicina il momento di vederlo l’acquolina che mi si scioglie in bocca me ne ha già raccontato il sapore fresco del velluto dell’acqua, l’odore muschiato delle canne fruscianti sulle rive palustri, la sinfonia d’ottoni, acciarini e tonfi vibranti di rospi e ranocchie.

Come descriverlo quindi adesso che ci sono stata?

Certo potrei dire che per arrivarci abbiamo percorso tre volte la stessa strada, che un amabile stridio di ruspe turbava la quiete tanto immaginata e che il pantano che circondava il perimetro del lago ci ha impedito di esplorarlo in tutta la sua lunghezza. Ma è anche vero che la strada era pervasa degli effluvi mielati di mille fioriture precoci; che gli operai intenti a ripulire il torrente Bruna, il piccolo emissario dell’Accesa, erano simpatici e discreti; che sulle rive lussureggianti un tappeto di erbe commestibili ci ha fornito gli ingredienti freschissimi – centocchio, erba cipollina, mentuccia, tarassaco e petali di calendula – per una gradita insalatina selvatica; e che le acque tiepide e avvolgenti del lago ci hanno regalato un bagno catartico e rigenerante.



Un posto da sogno!

2 commenti:

  1. ci sono stato anche io .. bei posti pero in bici si assapora di piu la natura..bello anche nomadelfia . auguri ragazzi pionieri---

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  2. Grazie ragazzi. Il tuo scrivere e descrivere Stefania è da romanzo e questo sarà il passo successivo al vostro ritorno, stampare le vostre esperienze, naturalmente in carta eco-sostenibile. Forza ragazzi siamo tutti con voi!

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