Narra la leggenda che in quella
florida regione dove le colline metallifere affondano i loro ultimi artigli affusolati
nel pelo ispido e arruffato della Maremma grossetana, vivesse un tempo una
famiglia di ricchi possidenti terrieri avari e meschini. La loro ipocrita avidità raggiunse il culmine in
un’estate benedetta che un mare di spighe succulente mai visto prima inondava
delle sue onde d’oro tutta la valle. I malandrini pensarono bene di sfruttare
il lavoro dei mietitori a loro servizio dedicando le fatiche dell’abbondante
raccolto alla patrona Sant’Anna. Ma la santa non assistette impassibile all’abuso
antiproletario perpetrato in suo nome, e affondò ogni cosa, podere, possidenti,
terre e spighe in un profondissimo specchio d’acqua cristallina che riflettesse
la sua purezza meglio di un lago dorato di grano.
Così nacque il lago dell’Accesa,
che si dice non avere fondo e dove avrebbe trovato dimora un coccodrillo
abbandonato da un incauto collezionista d’esotismi.
Si può non visitare un posto
così?
In effetti, sono anni che voglio
andare al lago dell’Accesa, da quando cioè Alessandro me ne decanta lodi
sperticate con il suo solito tono pacato e realista: «No, come si fa a non
essere mai andati all’Accesa! È un posto troppo esagerato, l’acqua ti dà un’energia
che ti fa frizzare tutta la colonna vertebrale fino alla testa…»
Insomma, mi pregusto la magia di
questo luogo da troppo tempo ormai, e man mano che si avvicina il momento di
vederlo l’acquolina che mi si scioglie in bocca me ne ha già raccontato il
sapore fresco del velluto dell’acqua, l’odore muschiato delle canne fruscianti sulle
rive palustri, la sinfonia d’ottoni, acciarini e tonfi vibranti di rospi e
ranocchie.
Come descriverlo quindi adesso
che ci sono stata?
Certo potrei dire che per
arrivarci abbiamo percorso tre volte la stessa strada, che un amabile stridio
di ruspe turbava la quiete tanto immaginata e che il pantano che circondava il perimetro
del lago ci ha impedito di esplorarlo in tutta la sua lunghezza. Ma è anche
vero che la strada era pervasa degli effluvi mielati di mille fioriture
precoci; che gli operai intenti a ripulire il torrente Bruna, il piccolo
emissario dell’Accesa, erano simpatici e discreti; che sulle rive lussureggianti
un tappeto di erbe commestibili ci ha fornito gli ingredienti freschissimi –
centocchio, erba cipollina, mentuccia, tarassaco e petali di calendula – per una
gradita insalatina selvatica; e che le acque tiepide e avvolgenti del lago ci
hanno regalato un bagno catartico e rigenerante.
Un posto da sogno!
ci sono stato anche io .. bei posti pero in bici si assapora di piu la natura..bello anche nomadelfia . auguri ragazzi pionieri---
RispondiEliminaGrazie ragazzi. Il tuo scrivere e descrivere Stefania è da romanzo e questo sarà il passo successivo al vostro ritorno, stampare le vostre esperienze, naturalmente in carta eco-sostenibile. Forza ragazzi siamo tutti con voi!
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