Un lungo post scritto qualche
settimana fa e che pubblichiamo ora per ringraziare pubblicamente il nostro
amico Alberto (alias Lanerossi) e per invitarvi
tutti alla “Chiamata di Marzo”,
che si terrà a Recoaro Terme (Vicenza) il 23 febbraio:
La pioggia cade a secchi sulla
finestra dell’abbaino. Sferzate tuonanti d’acqua e vento si abbattono a
raffiche sulle tegole, scandendo il sonno fino a tarda notte al rintocco
tumultuoso di ululati di burrasca. Sogniamo di pedalare inzuppati fino al
midollo, durante la gita a Vicenza programmata – guarda caso – per domani, con
lo scopo di incontrare Alberto, che ha offerto il suo sostegno al nostro
progetto.
Quando usciamo di casa alle 4 e
mezza della notte, un sontuoso manto stellato trapunta il cielo sgombro e
silenzioso. Qualche scossone indolore al ritmo sonnacchioso dei soliti
sferraglianti vagoni deserti e apriamo gli occhi giusto in tempo per rimirare l’alba
che incipria di sprazzi rosati lo specchio placido del Po.
Cominciamo a pedalare sotto il
sole opalescente che imbianca il cielo sorprendentemente blu del Veneto,
seguendo la piacevole e ben curata pista ciclabile tracciata sugli argini del
torrente Agno, che gorgheggia spumeggiante nell’aria tersa e gelida.
Percorriamo la Valle dell'Agno coronata dalle creste innevate dei picchi squadrati
delle piccole Dolomiti e del massiccio ondulato del Pasubio, fino a raggiungere
CicliCornale, dove Alberto ci
accoglie a braccia aperte.
Alberto ha risposto all’appello
pubblicato dal Tirreno e rilanciato da Rotafixa a donarci dell’abbigliamento da
ciclismo usato; così ci riveste dalla testa ai piedi con quelli che dice essere
avanzi di magazzino, ma che sono in realtà completi tecnici d’alta gamma che
non ci saremmo mai sognati di avere.
È un turbine di cordialità,
altruismo, attivismo, infervorato dal suo piacere di condividere e felice di
sostenere nuovi “amici di bici”, per usare l’espressione coniata dalla nostra
comune conoscenza Rotafixa, con cui Alberto condivide la passione per le bici a
scatto fisso e le ciclo-avventure. Lanerossi – questo è lo
pseudonimo con cui è conosciuto nel mondo della bicicletta – ci racconta con
nostalgia dei tempi puri dei primi rotafissari, che cercavano l’essenza del
mezzo, l’ebbrezza della velocità, la sfida alla società meccanizzata che
guardava alla bici come a un vezzo da snob o da perdigiorno, e organizzavano
perciò gare di velocità tra le ciclo-officine delle grandi città e azioni di
ciclo-attivismo di linea dura.
«Se mi avessero raccontato che
sarebbe andata così non ci avrei mai creduto!» esclama scuotendo la testa
sconsolato e mostrandoci i cataloghi di accessori colorati che gli mandano
adesso i fornitori, con l’aria di chi ha visto l’evoluzione del ciclismo e conosciuto
tanti personaggi che ne hanno fatto la storia.
Il nostro tandem attira subito la
sua attenzione. Picchio, l’artigiano che l’ha costruito, è un telaista rinomato
nel settore e conosciuto inoltre come specialista nella costruzione dei tandem.
Non sfuggono al suo occhio esperto la linea particolarissima, i dettagli del
mozzo, i raggi massicci: «Con questo potete certo farvi un bel giro», sentenzia
soddisfatto. Alberto nutre una grande passione per il tandem da quando si
allenava con una ragazza non-vedente che è stata campionessa alle paraolimpiadi
di Sydney. Riconosce che il tandem «è un mezzo divertentissimo», che ti regala
una sintonia magica con l’altra persona e un forte senso di soddisfazione,
avventura e scialo, specialmente in pianura, dove «si viaggia come treni», e in
discesa, in cui «bisogna stare attenti».
Alberto dimostra fin dal primo istante un profondo attaccamento alla sua terra e alla sua cultura, che ci fa letteralmente assaporare con la sua guida colta e socievole. Ci introduce al mondo sconosciuto del suo paese, Recoaro, una roccaforte montana di tradizioni antiche che rivivono nella “Chiamata di Marzo”, una rievocazione storica in cui si esprime la millenaria simbiosi dell’uomo con la montagna, da cui proviene sia il sostentamento che la calamità, e che quindi è necessario conoscere per saperne usare le risorse in maniera sostenibile. La stretta interdipendenza tra le montagne e i loro abitanti è iscritta nella storia, come testimonia la resistenza logorante degli alpini contro gli austriaci sul Pasubio, recentemente rivalutata come un evento essenziale nella storiografia della prima guerra mondiale. La resistenza ha lasciato segni profondi e duraturi nel paesaggio solcato dai bunker tedeschi, gallerie sotterranee nelle quali si tentava di minare il nemico, viottoli impervi scavati nella roccia nel giro di pochi mesi per portare i rifornimenti sulle cime del Pasubio, dove un accogliente pianoro ospita ancora i ruderi delle trincee.
Come sa bene chi vive qui, come
ci ripete Alberto, dalla montagna viene il bello e il cattivo tempo: viene la
strega della mitologia delle montagne, che scende in paese dai pascoli innevati
nel giorno della befana a distribuire i suoi doni e viene poi bruciata in un
rogo simbolico nella piazza principale; viene la pietra con cui si costruiscono
case e muri, il calcare bianco che risalta in tutto il paese tranne che nelle
due contrade che sorgono ai piedi di un colle d’arenaria, in cui le murature
hanno il colore rosso acceso di questa roccia; viene l’acqua termale
frizzantina di ruggine che sgorga dai sedimenti di fillade quarzifera del bosco
di Santa Giuliana.
Alberto ci mostra con amore tutto
il territorio di Recoaro, lamentandosi del disinteresse generale alla sua rivalutazione
in senso turistico e della mancanza di un senso attivista della cittadinanza se
non nel momento della festa della Chiamata di Marzo, che unisce tutti gli
abitanti nella celebrazione di questa sentitissima tradizione. Così si assiste
impotenti alla decadenza che investe l’eccellenza locale: le fabbriche su cui
la fortuna del paese si basava non hanno retto all’avvento della concorrenza
internazionale, come accade nel settore ciclistico, di cui tutta la produzione
si è spostata nei paesi emergenti facendo crollare l’artigianato italiano, al
quale non basta più puntare all’altissima qualità per sopravvivere alle spietate
leggi del mercato. L’unica via per riemergere dalla crisi, che è innanzitutto
culturale piuttosto che economica, è la riscoperta del territorio e delle sue
risorse uniche.
Un esempio in questa direzione è
la fioretta, una ricotta liquida che rappresenta la parte povera della
produzione casearia, essendo lo scarto della ribollitura del siero del latte
già scremato. Gli “gnocchi con la fioretta” hanno ottenuto di recente la
denominazione comunale di origine. La trattoria La Seggiovia, dove Alberto ci porta
ad assaggiare le delizie locali, ripropone questa tipica ricetta recoarese in
diverse varianti, trasformando un piatto della tradizione popolare in una
chicca da buongustai. Viva le malghe e chi non se le è scordate!
Torniamo a casa con la felicità
di avere un nuovo amico, una guida a un territorio tutto da scoprire dove
torneremo certo in estate per conoscerne in tranquillità tutte le bellezze, e
un cicerone d’eccezione che ci potrà raccontare tante storie interessanti sul
mondo della bicicletta.
Per concludere in bellezza
vorremmo ringraziare Sheikh, che ci ha raccolti alla stazione di Padova dopo
che avevamo perso l’ultimo treno e ci ha ospitato a casa sua perché non
soffrissimo il freddo di gennaio.
Il blog di Alberto alias
Lanerossi: http://lanerossi.altervista.org/index.htm
Il sito del suo negozio: http://www.ciclicornale.it/
La pagina della Chiamata di
Marzo: http://www.chiamatadimarzo.com/
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