sabato 1 marzo 2014

L'oasi di Burano

Ripiegare sulla costa non sarà certo il modo migliore per sfuggire dal vento che ci perseguita dall’inizio del viaggio. Tuttavia, il lembo estremo della Maremma grossetana che si adagia con grazia sul mar Tirreno nell’elegante plissettatura del lago di Burano è una vera e propria oasi di pace dove ristorarci per un paio di giorni di maltempo e membra affaticate.

La pioggia, a dire il vero, è soltanto una scusa: il Libeccio impetuoso che spira costante da sud sgombra il cielo d’ogni traccia d’umido, concedendoci terse notti stellate e giornate assolate sempre più lunghe.

Ci prendiamo una pausa di assoluto godimento: la tenda è piazzata davanti al centro visite dell’oasi del wwf del lago di Burano – la prima ad essere istituita in Italia nel 1980 – che preserva uno dei tratti costieri incontaminati meglio conservati della regione; il tramonto brumoso si accende dello stormire garrulo di schiere multiformi d’uccelli, che si radunano in massa tra le fronde a lanciarsi commenti acuti sulle proprie peripezie quotidiane e a sfottere con lunghi fischi striduli e allegri i loro cugini acquatici che sguazzano placidi tra i canneti ondeggianti; al crepuscolo s’innalza maestoso il concerto sinfonico delle ranocchie, che salutano dal raso iridato di fossi e acquitrini il velluto lucente del firmamento trapunto del bagliore opalescente di imperscrutabili sciami siderali.







Anche qui ci imbattiamo in una vecchia conoscenza: «Ma non ci siamo già incontrati alla foce d’Ombrone?» Riconosciamo così Massimiliano, che un paio d’anni fa, immerso nell’acqua fino alla cintola mentre prelevava campionature per il rilevamento ittico, ci parlava degli ultimi avvistamenti di falco pescatore.
Rieccolo a Capalbio Scalo, a raccontarci interessanti e curiosi aneddoti sulle bellezze naturalistiche della Toscana: della cinquecentesca torre del Buranaccio, che domina l’orizzonte della laguna salmastra di Burano, proprio in prossimità del canale che la collega con il mare (che viene aperto artificialmente in caso di necessità); del coniglio grigio importato dall’Arizona per la caccia, che ci attraversa imperturbabile la strada mentre torniamo dal moletto; delle miniere abbandonate che ha esplorato quanto cercava pietre rare; dei magici laghi, fiumi, gole e ponti che impreziosiscono l’inesauribile patrimonio paesaggistico locale.


Ci suggerisce di visitare le rovine della città romana di Cosa, a cui giungiamo al tramonto dopo una breve pedalata a ridosso della costa di Ansedonia, disseminata di torri di presidio che si ergono sfacciate contro onde e bufere. I resti millenari delle mura monumentali incorniciano i raggi obliqui della sera che indorano d’una luce spettrale la laguna di Orbetello sovrastata dal promontorio boscoso dell’Argentario.



 



















Il sito dell’oasi wwf del lago di Burano: 
http://www.wwf.it/oasi/toscana/lago_di_burano/

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