giovedì 6 marzo 2014

Gli eroi del lago di Bolsena

Per non farci mancare proprio nulla, imboccando il primo tornante di un avvincente giro schizofrenico, torniamo a nord verso il lago di Bolsena, il più grande lago vulcanico d’Europa.
Cambiata direzione, cambia anche il vento, così allo Scirocco che ci ha sciroccato con il suo alito torbido e tiepido si passa alla Tramontana che ci fa tramontare la ragione con le sua staffilata netta e tagliente dritta in faccia.


Ma le sponde ventose di nerastra sabbia lavica e densi canneti sibilanti sono popolate anche in questa stagione. Eroici pescatori accampati sulla riva ci salutano al nostro passaggio con un rauco: «Guarda che matti!», mentre si ergono nell’imperturbabile normalità delle loro tute mimetiche davanti alle tende gonfie spruzzate dagli schizzi gelidi delle onde imbizzarrite dal tramontano. Sono appassionati della pesca sportiva innamorati di quest’acqua eccezionalmente pura e della vita che la anima, tanto da denominare il bacino “il lago che si beve” e visitarlo periodicamente anche d’inverno. Rievocando pesche storiche in cui raggiunsero il record di carpe di una ventina di chili, si rammaricano di non potercele mostrare: stanotte niente, solo il gusto di un po’ d’aria buona…

Siamo ancora in Lazio, nell’alta Tuscia viterbese. Procedendo a questo ritmo, il senso del viaggio è assoluto e, inglobandoci nella sua trama densa e sottile, ci permea di mille dettagli che cambiano intorno a noi: l’accento si trasforma in bocca alla gente, il clima è più mite, dalla macchia escono già i vecchietti con fascine di asparagi selvatici, i campi sono tutti vissuti, sfruttati al massimo, pieni di gente che zappa e pota.

Veniamo attirati da una coppia di volti bonari che ci osservano davanti a un modesto capanno dove un’insegna recita “Vendita Diretta”. Si dimostrano subito disponibili e ospitali. Franca è talmente contenta di avere dei visitatori interessati alla sua attività che improvvisa un giro turistico del suo orto spettacolare e ci offre da assaggiare tutte le sue prelibatezze: le patate piccole e gustosissime, le puntarelle tenerissime e saporite, un cavolo cappuccio croccante e succulento, un radicchio delicato e delizioso.

Gli allegri coniugi lavorano in proprio la loro terra, che si estende per circa tre ettari sulla sponda orientale del lago, sulla strada costiera diretta a Gradoli. Da qualche anno hanno smesso gli impieghi da dipendenti e campano di quello che coltivano in famiglia. Sono i rappresentanti esemplari di una ricca e radicata tradizione contadina sempre capace di lasciare gli occhi lucidi e far sperare in bene. Franca è nata proprio qui, nel casolare diroccato che si intravede poco distante, dalle cui mura di pietra ormai in rovina sorge adesso un fico contorto.

Il marito ci offre anche qualche seme delle particolari varietà di fagioli di cui conserva le sementi con cura e passione: i famosi “fagioli del purgatorio”, tipici del Bolsena, i saporiti zolfini e quelli che chiama “del cento”, perché, come dice la leggenda, rendono cento volte più degli altri. Franca è orgogliosa soprattutto delle sue varietà di pomodori, il “nero”, il “quintale”, il “bel riccio”, il “datterino”, la sua specialità, che «è uno schianto, sembra catturare tutto il sapore della terra, il salino della sabbia vulcanica dove cresce.» I clienti che incontriamo, venuti apposta da Roma a comprare qui gli ortaggi, confermano che la qualità della verdura è imbattibile e che «in estate c’è la fila! Noi preferiamo venire nel campo con la cassetta a raccoglierci la roba da noi.»


Dalle parole di Franca traspare una saggezza acquisita e custodita in lunghi anni d’esperienza, passione e duro lavoro: «Mio padre sì, lui veramente sapeva, mi ha insegnato tutto quello che so e ha fatto tutto quello che io ho ora…lui sapeva davvero, quando faceva germogliare i semi dei meloni prendeva il letame delle galline o delle capre, quel che c’era, l’impastava con la sabbia del lago e ci metteva i semi al buio nel fieno; poi mi faceva andare a prendere l’acqua al lago per innaffiarli tutte le sere. E che gli veniva! Uno spettacolo! Anche l’acqua da bere ai tempi si andava a prendere al centro del lago con le barche. Ora invece…si dice che la ricchezza non si crea dal nulla, che gli antichi l’hanno creata, i presenti la conservano e i futuri la distruggeranno, e così va adesso, mio padre ha creato la terra che abbiamo, io la conservo, e i miei figli la distruggono. Per fare qualcosa tocca lavorare e basta, per questo io sono sempre fissa in campo, anche la domenica. A vedere il campo vuoto all’inizio dell’anno si stringe il cuore, pensare di dover prepararlo, seminarlo, coltivarlo da sola, solo con le nostre forze…dice il proverbio: se le mani avessero tanta paura quanto ne hanno gli occhi, non si farebbe niente. Invece per fortuna le mani fanno e, passo dopo passo, un tassello alla volta, il campo alla fine è pronto.» Così, con pazienza e sacrificio, si può avere la soddisfazione di trasformare la terra, di mantenere la famiglia con un’attività onesta, di cogliere i frutti della propria fatica. Che sono per forza «uno schianto», perché dopo decenni di lavoro, successi e fallimenti, Franca sa come far venire «la roba spettacolare». Questione di esperienza ma anche della qualità del suolo, a suo parere, che qui «è un’altra cosa, perché ogni pezzetto di terra ha il suo carattere e vuole la sua esperienza e il suo tempo per conoscerlo e tirarne fuori il meglio.»
Oltre agli ortaggi, Franca produce anche olio e vino. «Tutto con il lavoro, semplice e onesto, un po’ di stallatico e basta. L’onestà è fondamentale, perché quello che vuoi dagli altri lo chiedi prima di tutto a te stessa. Quando è venuta una donna a dirmi “mi daresti un po’ di pomodori, ma non ho sordi per niente”, gli ho risposto “brava, i pomodori te li sei già comprati”, perché l’onestà paga.»



Proprio in questi giorni a Gradoli si festeggia una ricorrenza particolare: fin dal Cinquecento, in occasione del mercoledì delle Ceneri, la congrega del Purgatorio prepara un pranzo tradizionale a cui tutti sono invitati per banchettare con le specialità locali, minestra di fagioli e pesce del Bolsena (le varietà tipiche più rinomate sono la tinca, il coregone, i latterini e le anguille). I contadini, ci assicura il marito di Franca, fanno a gara a offrirsi a vicenda il proprio vino migliore in suffragio alle anime del Purgatorio.

Un sito dedicato al Bolsena curato da un gruppo di giovani amanti della natura:

Una buona fonte di risorse e foto sul lago:

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