Per non farci mancare proprio
nulla, imboccando il primo tornante di un avvincente giro schizofrenico, torniamo
a nord verso il lago di Bolsena,
il più grande lago vulcanico d’Europa.
Cambiata direzione, cambia anche
il vento, così allo Scirocco che ci ha sciroccato con il suo alito torbido e
tiepido si passa alla Tramontana che ci fa tramontare la ragione con le sua
staffilata netta e tagliente dritta in faccia.
Ma le sponde ventose di nerastra
sabbia lavica e densi canneti sibilanti sono popolate anche in questa stagione.
Eroici pescatori accampati sulla riva ci salutano al nostro passaggio con un
rauco: «Guarda che matti!», mentre si ergono nell’imperturbabile normalità
delle loro tute mimetiche davanti alle tende gonfie spruzzate dagli schizzi
gelidi delle onde imbizzarrite dal tramontano. Sono appassionati della pesca
sportiva innamorati di quest’acqua eccezionalmente pura e della vita che la
anima, tanto da denominare il bacino “il lago che si beve” e visitarlo
periodicamente anche d’inverno. Rievocando pesche storiche in cui raggiunsero
il record di carpe di una ventina di chili, si rammaricano di non potercele
mostrare: stanotte niente, solo il gusto di un po’ d’aria buona…
Siamo ancora in Lazio, nell’alta
Tuscia viterbese. Procedendo a questo ritmo, il senso del viaggio è assoluto e,
inglobandoci nella sua trama densa e sottile, ci permea di mille dettagli che
cambiano intorno a noi: l’accento si trasforma in bocca alla gente, il clima è
più mite, dalla macchia escono già i vecchietti con fascine di asparagi
selvatici, i campi sono tutti vissuti, sfruttati al massimo, pieni di gente che
zappa e pota.
Veniamo attirati da una coppia di
volti bonari che ci osservano davanti a un modesto capanno dove un’insegna recita
“Vendita Diretta”. Si dimostrano subito disponibili e ospitali. Franca
è talmente contenta di avere dei visitatori interessati alla sua attività che
improvvisa un giro turistico del suo orto spettacolare e ci offre da assaggiare
tutte le sue prelibatezze: le patate piccole e gustosissime, le puntarelle
tenerissime e saporite, un cavolo cappuccio croccante e succulento, un
radicchio delicato e delizioso.
Gli allegri coniugi lavorano in
proprio la loro terra, che si estende per circa tre ettari sulla sponda
orientale del lago, sulla strada costiera diretta a Gradoli. Da qualche anno hanno
smesso gli impieghi da dipendenti e campano di quello che coltivano in
famiglia. Sono i rappresentanti esemplari di una ricca e radicata tradizione
contadina sempre capace di
lasciare gli occhi lucidi e far sperare in bene. Franca è nata proprio qui, nel
casolare diroccato che si intravede poco distante, dalle cui mura di pietra
ormai in rovina sorge adesso un fico contorto.
Il marito ci offre anche qualche
seme delle particolari varietà di fagioli di cui conserva le sementi con cura e
passione: i famosi “fagioli del purgatorio”, tipici del Bolsena, i
saporiti zolfini e quelli che chiama “del cento”, perché, come dice la leggenda,
rendono cento volte più degli altri. Franca è orgogliosa soprattutto delle sue
varietà di pomodori, il “nero”, il “quintale”, il “bel riccio”, il “datterino”,
la sua specialità, che «è uno schianto, sembra catturare tutto il sapore della
terra, il salino della sabbia vulcanica dove cresce.» I clienti che incontriamo,
venuti apposta da Roma a comprare qui gli ortaggi, confermano che la qualità
della verdura è imbattibile e che «in estate c’è la fila! Noi preferiamo venire
nel campo con la cassetta a raccoglierci la roba da noi.»
Dalle parole di Franca traspare
una saggezza acquisita e custodita in lunghi anni d’esperienza, passione e duro
lavoro: «Mio padre sì, lui veramente sapeva, mi ha insegnato tutto quello che
so e ha fatto tutto quello che io ho ora…lui sapeva davvero, quando faceva
germogliare i semi dei meloni prendeva il letame delle galline o delle capre,
quel che c’era, l’impastava con la sabbia del lago e ci metteva i semi al buio nel
fieno; poi mi faceva andare a prendere l’acqua al lago per innaffiarli tutte le
sere. E che gli veniva! Uno spettacolo! Anche l’acqua da bere ai tempi si
andava a prendere al centro del lago con le barche. Ora invece…si dice che la
ricchezza non si crea dal nulla, che gli antichi l’hanno creata, i presenti la
conservano e i futuri la distruggeranno, e così va adesso, mio padre ha creato
la terra che abbiamo, io la conservo, e i miei figli la distruggono. Per fare
qualcosa tocca lavorare e basta, per questo io sono sempre fissa in campo,
anche la domenica. A vedere il campo vuoto all’inizio dell’anno si stringe il
cuore, pensare di dover prepararlo, seminarlo, coltivarlo da sola, solo con le
nostre forze…dice il proverbio: se le mani avessero tanta paura quanto ne hanno
gli occhi, non si farebbe niente. Invece per fortuna le mani fanno e, passo
dopo passo, un tassello alla volta, il campo alla fine è pronto.» Così, con pazienza
e sacrificio, si può avere la soddisfazione di trasformare la terra, di
mantenere la famiglia con un’attività onesta, di cogliere i frutti della
propria fatica. Che sono per forza «uno schianto», perché dopo decenni di
lavoro, successi e fallimenti, Franca sa come far venire «la roba spettacolare».
Questione di esperienza ma anche della qualità del suolo, a suo parere, che qui
«è un’altra cosa, perché ogni pezzetto di terra ha il suo carattere e vuole la
sua esperienza e il suo tempo per conoscerlo e tirarne fuori il meglio.»
Oltre agli ortaggi, Franca
produce anche olio e vino. «Tutto con il lavoro, semplice e onesto, un po’ di stallatico
e basta. L’onestà è fondamentale, perché quello che vuoi dagli altri lo chiedi
prima di tutto a te stessa. Quando è venuta una donna a dirmi “mi daresti un
po’ di pomodori, ma non ho sordi per niente”, gli ho risposto “brava, i
pomodori te li sei già comprati”, perché l’onestà paga.»
Proprio in questi giorni a
Gradoli si festeggia una ricorrenza particolare: fin dal Cinquecento, in
occasione del mercoledì delle Ceneri, la congrega del Purgatorio prepara un
pranzo tradizionale a cui tutti sono invitati per banchettare con le specialità
locali, minestra di fagioli e pesce del Bolsena (le varietà tipiche più
rinomate sono la tinca, il coregone, i latterini e le anguille). I contadini,
ci assicura il marito di Franca, fanno a gara a offrirsi a vicenda il proprio
vino migliore in suffragio alle anime del Purgatorio.
Un sito dedicato al Bolsena curato
da un gruppo di giovani amanti della natura:
Una buona fonte di risorse e foto
sul lago:
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